lunedì 17 aprile 2017

Ka-Tan la terra degli antichi dèi!

Nel 1993 diedi sfogo a una strana sensazione, che da tempo teneva impegnata la mia mente, così un giorno decisi di spostare il mio sguardo al di la dell'orizzonte, intraprendendo un cammino che già sapevo arduo da affrontare, per la mancanza d'informazioni utili a fornire le risposte a quelle miriade di domande che affollavano i miei pensieri. Con il trascorrere del tempo quello che inizialmente doveva essere una semplice ricerca si è dimostrata una vera caccia a quelle verità negate e occultate, della storia umana. La complessità degli argomenti, che abbracciano l'intero scibile umano, via via che vengono approfonditi, diventano sempre più difficili da interpretare. A volte ho la sensazione che giro in lungo e in largo per piccoli corridoi di un labirinto senza vie d'uscita, ma il desiderio d'apprendere, conoscere, fortifica il mio desiderio di andare avanti. Senza accorgermi, anziché riposare dopo aver completato il seguito de "Il tempio perduto degli Anunnaki", che molto presto darò alle stampe, con il titolo: "L’avamposto degli antichi dèi – Un segreto millenario custodito nel sottosuolo della valle simetina", mi sto ritrovando ad affrontare la stesura di un terzo libro, molto più impegnativo e accademico, che dovrebbe chiudere la triologia letteraria sugli Anunnaki in terra di Sicilia. 
E sono talmente entusiasta di questa nuova avventura che vorrei condividere con voi, con tutti voi, un breve stralcio del primo capitolo.

Quello che segue è un breve stralcio del 1° capitolo

... a chi, ad esempio, non piacerebbe leggere e comprendere le prime forme di proto-scrittura, segni e linee che nella maggior parte dei casi sono ancora oggi indecifrabili.  E che ci vuole! Facile a dirsi, poi ci rendiamo conto che, nonostante la nostra buona volontà e dopo aver consultato diversi libri, l’interpretazione di quegli ideogrammi richiede anni di studi approfonditi. Allora decidiamo di spostarci su scritti molto più vicini alla nostra cultura linguistica: l’accadico, ma anche in questo caso, nonostante l’assonanza delle lettere (a,b,c, ecc) che compongono ogni singola parola, ci imbattiamo in una grammatica molto complessa, dove molte forme verbali addirittura fanno cadere consonanti e vocali, nascondendole. L’unica soluzione è di affidarci a quei testi già tradotti, ma anche in questo caso, ogni singola traduzione si differenzia da un’altra e tale differenziazione è dovuta all’interpretazione soggettiva utilizzata da ogni studioso. 
Proviamo a fare un esempio utilizzando il segno che indica la parola “cane”. I Sumeri 6000 anni fa per dire cane utilizzano il termine fonetico UR, quando lo scrivevano sulle tavolette d’argilla però, era tutt’altra cosa


Ma se dovessimo essere noi occidentali evoluti e volessimo tradurre la parola “cane” dall’italiano in sumero, ci limiteremmo a cercare i segni corrispondenti alle sillabe CA e NE. Per nostra fortuna li troviamo nella loro forma accadica KA e NE e li mettiamo insieme


Poi però arriva un sumero, che ha attraversato lo spazio e il tempo e nel leggere questo scritto pensa che ci stiamo riferendo al vulcano etneo, perché per lui Ka è “bocca” e NE è “fuoco”. Di conseguenza bocca di fuoco, difatti, a quel tempo erano i vulcani che eruttavano dalle loro bocche il fuoco rovente delle lave e non può che essere così, d’altronde la scrittura cuneiforme fu inventata dai Sumeri e non certo da noi occidentali. Quei segni incisi con uno stilo avevano dei significati e regole ben specifiche e non possono essere utilizzate a caso.
L’analisi lessicale che fino adesso abbiamo condotto però, evidenzia due aspetti particolari, che stanno alla base delle relazioni cosmologiche e religiose di tutte le civiltà del passato storico, quale punto di congiunzione tra l’uomo e gli dèi. 
Il primo aspetto è l’interpretazione che diamo all’idioma “cane”, poiché tale termine è un netto richiamo astronomico, nello specifico alla costellazione del Cane. Lo stesso dio Adranòs aveva oltre mille segugi (cani) a guardia del suo tempio. 
Nei miti andini o nella cultura precolombiana delle Ande ad esempio, gli antichi sacerdoti associarono il mondo di sotto e quello di sopra ad animali, come il Lama, la Volpe, il Cane, il Rospo e ciascuno di loro aveva la sua controparte divina o immagine speculare nel Cielo celeste. E se consideriamo che quasi tutte le culture del pianeta abbiano associato il cane alla stella Sothis/Sirio, anche per gli egizi essa rappresentava la dèa Sopedet (Sothis), appartenente alla costellazione del Canis Major. Qualche dubbio affiora. 
Questi riferimenti a culture e civiltà lontane, nel loro retaggio storico e religioso, hanno in comune uno stretto rapporto astronomico e cosmologico, dove ogni connessione è riconducibile a quella espressa dai Sumeri, 6mila anni fa. Nel libro di Robert Bauval ad esempio, nel capitolo dove spiega il pensiero di Mercer, uno dei tanti studiosi dei testi delle piramidi , (a lui è attribuita la prima versione in lingua inglese, pubblicata nel 1952, in formato economico), sta scritto:

[…] Mercer fece molto per mettere in luce il fatto che i testi contengono allegorie basate sulle stelle e sui loro moti, riconoscendo che da lì bisognava dedurre i caratteri di un’astronomia mescolata alla mitologia e ai rituali. Il suo studio dimostrava che il tema principale dei testi era radicato nella credenza secondo la quale il re morto sarebbe rinato come una stella e che la sua anima avrebbe viaggiato nel cielo fino a inserirsi nel mondo stellare di Osiride-Orione. Il dio dei morti e della resurrezione: La stella del cane era identificata con Sirio; Orione era identificato con Osiride […] Non è sorprendente trovare un’identificazione di Osiride con Orione […]
Nella cultura andina i cani assurgono a un compito ultraterreno, facendo traghettare le anime meritevoli verso una terra eterna e scacciare in una sorta d’inferno quelle ritenute indegne. Un’altra interpretazione potrebbe essere configurata con il cielo celeste, laddove l’intero panorama cosmologico si sviluppa nella costellazione del Cane. Scrive Murry Hope nel suo libro Il segreto di Sirio:
Le divinità canine sono sempre state associate con gli Inferi, come dimostra il greco Cerbero, custode delle porte dell’Ade, il cane compagno dell’eschimese Sedna, dimorante con la dèa in fondo all’oceano, la sumera Bau, figlia di An, da cui deriverebbe il nostro ‘bau-bau’, e il Cane Nero di Merlino nel folclore celtico, scorta del mago nelle sue visite notturne sulla spiaggia per la raccolta degli ingredienti essenziali agli incantesimi.
E non c’è da meravigliarsi se nella mitologia, legata al vulcano etneo, troviamo una particolare razza di cani a guardia del tempio di Adranòs, associata al Mondo di Sotto; pertanto i riferimenti sono o andrebbero ricercati nel vasto panorama cosmologico o nella devozione dei popoli siciliani nei confronti del loro dio. 
Il secondo punto riguarda il significato intrinseco della sillaba KA, perché anch’essa come per la parola “cane” si apre su un vastissimo panorama, quindi ci chiediamo:
Cos’è il KA? Qual è il suo esatto significato semantico e misterico?
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Copyright Angelo Virgillito 

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