domenica 6 gennaio 2019

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI (parte seco...

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI (parte seco...: © by Angelo Virgillito PARTE SECONDA Nella figura sopra abbiamo raffigurato quell’incisione posta su un sigillo di epoca sumera che, ...

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI: © by Angelo Virgillito PARTE PRIMA Sono 23 anni ormai che svolgo indagini su gran parte di quei fenomeni che si contrappongono al pan...

LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI (parte seconda)


© by Angelo Virgillito
PARTE SECONDA
Nella figura sopra abbiamo raffigurato quell’incisione posta su un sigillo di epoca sumera che, secondo Sitchin, rappresenterebbe il nostro sistema solare, quello che invece, noi abbiamo notato è l’inclinazione dell’esagramma che rispetto al piano del sigillo e alla sua perpendicolare Nord-Sud, è inclinato di circa 10°.
E’ naturale a questo punto chiedersi perché gli antichi scribi sumeri incisero la raffigurazione del sole inclinando il suo meridiano di diversi gradi? Abbiamo tentato di trovare altre raffigurazioni che avessero una particolare inclinazione, che si avvicinasse o potesse spiegare questa particolare rotazione, ma senza successo, tutti i reperti che in quest’ultimo secolo sono stati riportati alla luce dagli archeologi, la dove emergono disegni e incisioni geometriche nessun studioso è stato in grado di fornire una risposta esauriente di tale “anomalia” gravata da un’inclinazione così eccessiva. E ci chiediamo se tale incisione fu casuale e se contestualmente fu celato un messaggio di qualche natura? E se sì, esso poteva essere un riferimento astronomico, come afferma Sitchin, oppure il simbolo dell’esagramma doveva far riferimento agli dèi Anunnaki?
 La figura geometrica del rombo, invece, rientra nei concetti della Vescica Piscis, quindi entrambe le figure hanno o potrebbero avere una connessione con la sfera religiosa del femminino sacro dal punto di vista massonico e esoterico, mentre, da una prima valutazione, è più esplicito l’aspetto religioso imposto dalla Chiesa di Roma su tutto questo territorio etneo, in particolare nel circondario della città di Paternò e della sua “Collina Storica”, luogo dove è prorompente l’indirizzo messianico e massonico, inteso nel suo aspetto femminile.
Una figura così elaborata dunque, che unisce una serie di siti dalla natura misteriosa offre molti spunti di riflessione suggeriti sia dal panorama esoterico sia da quello religioso. Tuttavia, con la caparbietà che ci contraddistingue, siamo andati oltre, spostando il nostro punto di vista sui moderni concetti della fisica, e ci siamo chiesti: può questa figura geometrica essere l’espressione simbolica di quelle nozioni che oggi sono una parte integrante dei concetti scientifici basati sulla teoria della relatività o su quelli della relatività ristretta, che sono stati espressi da A. Einstein e da altri illustri studiosi, i quali, nel corso dei loro studi, hanno sviluppato o rielaborato questi antichi principi di base esprimendoli su un piano totalmente differente, cioè scientifico?
Probabilmente sì.
Da questo breve assunto emergono tutte quelle informazioni che durante la nostra indagine sono state i punti di forza che ci hanno permesso di elaborare quell’esagramma sormontato da un’altra figura geometrica dai chiari connotati esoterici. E se oggi stiamo congetturando l’ipotesi secondo la quale tutti i punti d’intersezione erano delle stazioni di amplificazione delle forze energetiche della terra che sommate a quelle vulcaniche e telluriche dell’Etna, del Marsili e ai vulcani dell’area delle isole eolie, convergenti in un solo punto, molto probabilmente sono servite per aprire una porta spazio-temporale o Stargate. Infatti, sovrapponendo i grafici della teoria delle relatività alla base del diamante tutte le linee si sovrappongono perfettamente le une con le altre. Quello che segue è uno dei tanti grafici emersi dalla relatività generale di Einstein.
Tuttavia non basta segnare delle linee all’interno di due ascisse, occorre una mole di lavoro i cui calcoli matematici coinvolgono l’ampio panorama della stessa relatività. Eppure in tutta questa logica scientifica emerge stranamente tutta una serie di coincidenze che convergono in un sol punto focale. Nella vasta area del versante orientale siciliano, coinvolta nella triangolazione topografica, stranamente, troviamo tutti quei sistemi d’induzione fisica, dinamica, meccanica, elettromagnetica e di gravitazione, che a un fisico permetterebbe di calcolare il punto di “fuga” o l’accesso a una porta spazio-temporale, come abbiamo evidenziato nell’immagine sottostante. Eppure tutto sembra incastrarsi come un enorme puzzle.
Che cosa ha a che fare la teoria di Einstein con la valle del Demone siciliana? Che sia una mappa terrestre per indicare il luogo da dove gli antichi dèi giungevano o partivano per spostarsi da un punto all’altro nell’universo, durante la mitica guerra divina, scoppiata nel II millennio, dopo la distruzione del porto spaziale nella penisola del Sinai?
Ogni congettura esposta fino adesso lascerebbe supporre che sia così, ma c’è ancora un aspetto che non abbiamo discusso, la cui ipotesi potrebbe mettere in relazione queste nuove informazioni con le perturbazioni planetarie che nell’agosto del 1988, i calcoli espressi dagli astronomi statunitensi, spinsero questi ultimi a sostenere l’ipotesi del famigerato Pianeta X. Dai testi sumeri e dalle traduzioni compiute in epoca moderna, è emerso che Anu, il sovrano di Nibiru, suddivise i cieli della Terra in tre parti: la parte settentrionale che si estendeva a partire dal Tropico del Cancro fino al polo Nord fu affidata al figlio Enlil, legittimo erede al trono di Nibiru; la parte meridionale che si estendeva dal Tropico del Capricorno fino al Polo Sud fu assegnata ad Enki, il dio/scienziato che modificò il genoma umano, creando l’Homo Sapiens; infine la parte centrale che comprendeva l’area tra i due tropici la lasciò per se.
Gli astronomi dunque, a seguito dei calcoli effettuati sulle perturbazioni registrate tra Plutone e Nettuno e, in seguito confermate dalla sonda Voyager 2, che aveva sorvolato Urano e Nettuno, hanno postulato l’ipotesi secondo la quale ci sarebbe un pianeta esterno all’attuale sistema solare che sta orbitando intorno al sole, la cui massa sarebbe pari ad almeno quattro volte quella della Terra, avendo un’inclinazione di 30° sull’eclittica, con un semiasse maggiore di circa 101 UA (Unità Astronomica).
Teoria avanzata e sostenuta nel 1990 dall’astronomo Robert S. Harrington, uno dei massimi esponenti dell’U.S. Naval Observatory, (che ha collaborato con James W. Christie all’identificazione di Caronte, satellite di Plutone), il quale annunciò all’American Astronomical Society, riunitasi ad Arlington, in Virginia, che era stata inviata un’equipe di studiosi in Nuova Zelanda, per cercare di individuare il Pianeta X. La ricerca di questo gruppo di astronomi prevedeva lo studio di una particolare area focalizzata a una distanza pari a tre volte la distanza dal Sole rispetto a Nettuno e Plutone, in direzione dei cieli meridionali, dove presumibilmente starebbe orbitando questo sconosciuto pianeta. Di conseguenza gli astronomi hanno ipotizzato che lo sconosciuto pianeta stia seguendo non soltanto una rotazione retrograda ma hanno anche stabilito la sua direzione: Sud-Est.
A questo punto potremmo azzardare l’ipotesi, secondo la quale il rilievo topografico dal quale è emersa la complessa figura geometrica, la stessa potrebbe essere indicata o utilizzata come un segnalatore o puntatore astronomico per l’osservazione del pianeta Nibiru o per stabilire il punto di massimo avvicinamento e di conseguenza di contatto con la Terra, dopo la distruzione dei porti spaziali del Sinai?
 Occorrerebbe un fisico di dichiarata fama per confermare tali congetture, ma non credo che in Italia ci sia qualcuno disposto a mettere a rischio la propria immagine costruita in tanti anni di studi e ricerche.
Se ciò accadesse e se tutta la mole d’informazioni che in questi anni abbiamo raccolto con perizia e caparbietà, fossero confermate, dal corpo accademico e scientifico, di cui io dubito, i risvolti di tali verità stravolgerebbero tutti gli equilibri: storici, scientifici, religiosi e sociali. Si spiegherebbe, altresì, la presenza degli antichi dèi Anunnaki sul suolo siciliano e, di conseguenza, la loro colonizzazione del pianeta 450mila anni fa e l’importanza che ricopriva l’isola nel passato storico, ma soprattutto il ruolo che essa ha svolto e continua a svolgere nel panorama ufologico del pianeta, il cui passaggio tridimensionale, emerso dalle nostre ricerche, ha segnato quella linea temporale comunemente conosciuta come il legame cielo terra, che ha permesso, ai veicoli spaziali non terrestri, di utilizzare questi varchi spazio-temporali o se volete “porte” o “Stargate”, per spostarsi nello spazio da un capo a l’altro dell’universo, per giungere sul questo meraviglioso pianeta. Eppure un’analisi più approfondita ci induce a ipotizzare che queste creature spaziali hanno raggiunto un così alto livello di conoscenze che sono in grado di aprire questi varchi spazio-temporali in qualsiasi luogo, di uno dei quali io stesso insieme con mia moglie ne siamo stati testimoni involontari (vedi foto sotto). Una sequenza di dieci foto che testimoniano le fasi di apertura di un varco spazio-temporale e il conseguente attraversamento di una figura misteriosa che lo oltrepassa salendo dei gradini, accompagnandosi con un bastone, molto simile a un pastorale (vedi le due figure in chiaro e in negativo, nelle pagine seguenti). Di conseguenza è ipotizzabile che le loro conoscenze abbiano raggiunto un grado così elevato che gli permette di viaggiare nello spazio e nel tempo, sia esso passato sia futuro, con una tale facilità e semplicità, per loro del tutto naturale. Gli scienziati poco inclini alla teoria dei viaggi nel tempo, per lavorandoci e attingendo a tutte le conoscenze, messe a disposizione dalla fisica quantistica, sono ancora ben lungi dal comprendere in che modo l’uomo possa viaggiare nel passato o nel futuro. Tuttavia per conoscendo le dinamiche, laddove il passato e il futuro, coesistono nel medesimo tempo e luogo, quindi, coincidente con il presente, esse non riescono a trovare la giusta soluzione a questo problema. Forse un giorno, in un futuro lontano, quando ci si renderà conto e si accetteranno tutte quelle teorie, secondo le quali nell’universo agiscono forze e dimensioni, che vanno ben oltre le nostre elementari basi scientifiche.
È pur vero che la Storia umana è o dovrebbe essere un continuum temporale, tuttavia in essa si sono innescati una miriade di controversi fattori che la contraddicono, mentre i vuoti storici accendono perplessità e dubbi, che la stessa scienza non riesce a spiegare, quelli accettati sembrano stralci storici che appaiono improvvisamente per dileguarsi nei meandri del tempo. Tanto da spingere un gran numero di studiosi e ricercatori moderni che, alla luce delle continue scoperte, sostengono la teoria secondo la quale, la Storia della civiltà umana così come ci viene raccontata deve essere totalmente riscritta. Teoria che io tra l’altro, condivido.
© by Angelo Virgillito


LO #STARGATE SICILIANO DEGLI #ANUNNAKI


© by Angelo Virgillito
PARTE PRIMA
Sono 23 anni ormai che svolgo indagini su gran parte di quei fenomeni che si contrappongono al panorama dell’ortodossia storico-religiosa imposta alle prime comunità che s’insediarono sull’isola siciliana, svelando tutti quei misteri che la storia stessa ha celato. E’ stato un viaggio lungo e faticoso tra i meandri della storia che ci ha permesso di riportare alla luce parte del corredo culturale e religioso legato a quelle comunità che, per prime, giunsero sul suolo del versante orientale siciliano. Un bagaglio di nozioni, le quali nel corso della storia siciliana sono state rigettate dagli studiosi locali, perché non rientravano nei parametri scientifici di quella scienza che loro stessi hanno circoscritto i confini.
Confini che abbiamo deliberatamente superato servendoci di quegli aspetti antropologici, definiti dall’ortodossia classica come dei meravigliosi elaborati della mente umana. Indagando in questo vasto panorama, dove i miti, le leggende s’intrecciano con il naturale corso evolutivo dello sviluppo societario e gelosamente custoditi tra le più antiche tradizioni isolane, siamo stati in grado di sviluppare congetture storiche molto più plausibili, rispetto a certe traballanti ipotesi di natura ortodossa. Quelle stesse ipotesi che da millenni gli studiosi locali e internazionali continuano a sostenere, nonostante le defezioni e le incongruenze che la stessa scienza ha attuato, per mantenere la propria leadership sulla Storia e sullo sviluppo societario, permettendo alle religioni di insinuarsi nelle scelte evolutive dell’uomo.
Dopo ventitré anni di ricerche, le oltre 1000 pagine di appunti, tra date, tracce, connessioni e intrecci storici, scientifici, mitologici e leggendari, percorrendo e ri-percorrendo più volte gli ultimi e oltre 8000 anni di storia del genere umano, per giungere, infine, a delle verità sorprendenti, tanto da indurci a sostenere che l’uomo moderno o Sapiens non è il risultato dell’evoluzione terrestre ma una creatura modificata a immagine di altri esseri, provenienti da altri mondi lontani, che in un remoto passato hanno colonizzato la Terra (vedi: “Il seme della vita genesi divina o aliena?”, edizioni Xpublishing, Roma). Nel nostro primo libro (vedi “Il tempio perduto degli Anunnaki”, edizioni Cerchio della Luna, Verona) invece, abbiamo raccontato per sommi capi la storia di queste creature che dal cielo scesero sulla Terra, conosciuti al tempo dei sumeri con l’epiteto di Anunnaki, sol perché ogni traccia e indizio sia esso storico, scientifico, linguistico, astronomico, leggendario e mitologico, del passato storico della Sicilia orientale, è riconducibile, al di là di ogni ragionevole dubbio, alle teorie espresse da Zecharia Sitchin. Abbiamo carpito i segreti celati tra le righe degli antichi racconti mitologici e leggendari, alla luce degli aspetti esoterici e messianici legati a un antico simbolismo di natura massonica, risvegliando l’assopita memoria legata alle comunità della valle del Simeto.
Nel corso della nostra indagine, difficile e a volte, frustrante, ci siamo imbattuti in testimonianze e indicazioni che se interpretati secondo uno schema del tutto differente da quello adottato dall’ortodossia classica, svelano tutt’altra storia, ben diversa dalle semplicistiche convinzioni profuse dagli accademici e dagli illustri studiosi siciliani, tanto da permetterci di individuare il più importante tempio del II millennio AC, dedicato alla Grande madre, nel territorio oggi ricadente nel comprensorio comunale della città di Paternò (CT). Abbiamo utilizzato dei riferimenti storici e leggendari di un antico tempio dedicato al dio Adranòs, i cui ritrovamenti archeologici di epoca tarda, inerenti al culto di questa divinità sono stati riportati alla luce nel territorio di Santo Stefano di Camastra, (comune ubicato sul versante nord occidentale dell’Etna nella provincia di Messina), le cui datazioni compiute sui resti archeologici però, variano da un reperto all’altro a dimostrazione che il culto al dio Adranòs, tra le popolazioni indigene del II millennio AC in Sicilia, durò per molto tempo, raggiungendo la sua massima espressione religiosa intorno al 1500 AC, periodo che stranamente coincide con le prime colonizzazioni.
Per poi addentrarci nelle strette connessioni dell’antico dialetto siciliano le cui traslitterazioni e radici semantiche sono riconducibili alla lingua sumera. Abbiamo analizzato i toponimi di contrade, monti e altri riferimenti geografici e topografici la cui natura è ravvisabile nei concetti messianici e mistici di un credo religioso molto antico e, com’è successo per tutti gli altri indizi e tracce, riconducibile al bagaglio antropologico e culturale giunto sul suolo siciliano insieme con i primi clan familiari, dopo il Diluvio universale, offrendo una nuova visione d’insieme e, presumibilmente, quali furono gli eventi che si susseguirono nei territori orientali della Sicilia e quali furono le dinamiche evolutive e sociali dei primi gruppi familiari che hanno determinato la storia della Sicilia in età preistorica.
Ogni sito coinvolto nella nostra indagine se preso separatamente non fornisce un quadro storico completo sulla storia delle prime comunità che s’insediarono nel territorio etneo e nella valle simetina. Infatti, non riuscivo a spiegarmi quali potessero essere le connessioni tra tutti questi siti e gli antichi dèi/Anunnaki, e quale fosse il vero motivo che spinse la Chiesa di Roma a utilizzare i Normanni per rientrare in possesso di questi territori. Così un giorno risvegliando le mie antiche conoscenze tecniche e utilizzando una vecchia cartina geografica della Sicilia, iniziai a unire tutti i punti nevralgici che sono emersi nel corso della mia lunga ricerca. Scelsi come punto focale la “collina storica”, luogo, dove presumibilmente fu ubicato l’antico tempio dedicato alla Grande madre, il cui culto antecedente al II millennio AC richiamò fedeli da tutta l’isola. Iniziai a tracciare delle linee, unendo i principali siti: S. Stefano di Camastra (ME), dove, fu trovato un tempio dedicato al dio Adranòs; il Santuario di Tindari, in provincia di Messina, il cui culto è dedicato alla Madonna Nera. Dopo aver unito i due siti con una linea mi accorsi che quel segmento intersecava, stranamente, il sito megalitico dell’Argimusco, oggi ricadente nel territorio di Montalbano Elicona (ME), uno dei luoghi più mistici dell’isola, dove tra l’altro è emersa una forte connessione energetica proveniente dall’intersezione delle forze elettromagnetiche terrestri. Poi ho unito i punti tra S. Stefano di Camastra e il Santuario di Tindari, e anche in questo caso il segmento interseca il borgo di Canneto di Caronia, quest’ultimo venuto alla ribalta alcuni anni fa per gli strani fenomeni di autocombustione degli impianti elettrici nelle abitazioni private, la cui indagine, svolta ad alti livelli governativi, non è riuscita, ufficialmente, a far luce su tali episodi. Incuriosito, ho continuato a tracciare e triangolare tutto il versante orientale della Sicilia spingendomi sia verso Ovest sia verso Nord, ciò che è emerso spiega e fornisce le risposte a moltissime domande. 
Ciò che si vede nelle due figure precedenti è qualcosa di sconvolgente: è quello che molti esoteristi definiscono: un doppio Pentalfa, o un esagramma sormontato da una figura romboidale a forma di diamante. In tale raffigurazione geometrica si distingue una stella a sei punte circoscritta all’interno di un esagono, dal cui centro emerge una figura romboidale a forma di diamante. Facendo riferimento al meridiano terrestre, che attraversa il punto d’intersezione aventi le seguenti coordinate terrestri N 37°33’59’’ E 14°54’09’’, notiamo che entrambe le figure hanno un’inclinazione simmetrica, come se uno fosse lo specchio dell’altro.
Giunti a questo punto, ci siamo chiesti se la sommatoria dei due angoli (15° + 15° = 30°) avesse un riferimento astronomico. Con l’ausilio di un programma di astronomia, Stellarium, il cui schema ci permette di vedere la conformazione del cielo nelle varie epoche, siamo risaliti fino al 1600 AC, data che, è emersa a seguito delle nostre indagini, dalla quale supponiamo che sia l’arrivo del dio Adranòs e dei primi gruppi familiari in terra di Sicilia, prima delle massicce ondate di colonizzazioni che, secondo gli storici, sarebbero approdate sulle coste dell’isola intorno al 1300 AC. Abbiamo scelto una specifica data, cioè l’equinozio di primavera del 21 marzo 1600 AC, per misurare le inclinazioni del piano equatoriale e quello dell’eclittica con riferimento alle coordinate terrestri, dove presumibilmente era ubicato il tempio della Grande Madre, i cui calcoli hanno fornito i seguenti angoli d’incidenza: per l’equatore celeste, la corrispondenza è stata di un angolo a 52,59877d (AP = 0,10924d). Per il piano dell’eclittica invece l’angolo d’incidenza, rispetto allo stesso periodo è stato di 59,19206d (AP = 359,72298d). 
Un altro dato che emerge dalla combinazione di queste due figure è l’angolo che si viene a creare tra l’eclittica terrestre e gli assi mediani delle due rispettive figure, alla cui misurazione apre un angolo di circa quindici gradi, mentre la seconda figura, a forma di diamante, il suo vertice punta esattamente in opposizione al primo, creando a sua volta un altro angolo di circa 15 gradi, costruendo di fatto, un angolo o un settore celeste, nel quale circoscrive una porzione di cielo racchiusa in un angolo complessivo di 30°.
Noi tutti o la maggior parte conosciamo, in generale, il significato esoterico della stella a sei punte. Infatti, questo simbolo si pensa provenga da antichi trattati ermetici, e molti gruppi iniziatici e i popoli del mondo che l’hanno usato, gli hanno attribuito un'importanza e un significato diverso. La forma della stella è un esempio dell'esagramma, un simbolo indicativo, per tutte le culture del pianeta. È ottenuta dall'incrocio di due triangoli equilateri (aventi quindi tre angoli uguali di 60° ciascuno) e di eguali dimensioni, uno col vertice rivolto verso l'alto e il secondo col vertice rivolto verso il basso. La configurazione di questo esagramma è da datarsi anteriormente all'utilizzo che ne fecero gli ebrei, ed è plausibile che esso risalga alla prima civiltà riconosciuta, cioè ai Sumeri. Fuori dal sistema giudaico viene utilizzato prevalentemente nell'occultismo. Stelle a sei punte sono state trovate anche come diagrammi cosmologici nell'Induismo, nel Buddismo e nel giainismo. Le ragioni dietro a questa comune apparizione del simbolo nelle religioni Indiane e Occidentali sono perse nei misteri dell'antichità. Una possibilità potrebbe essere quella secondo cui tale simbolismo abbia un'origine comune, ma esiste anche la possibilità che artisti, religiosi o adepti delle religioni di varie culture creassero indipendentemente dalla forma della Stella di Davide, che dopotutto è una semplice e ovvia forma geometrica, che può essere ricavata dalla semplice formula sviluppata da Pitagora, utilizzando la sezione Aurea.
Entrare nel merito sugli studi compiuti da Pitagora, tale figura la troviamo presente in molte culture antiche del pianeta e antecedente allo stesso Pitagora. Le prime tracce, com’è ormai consuetudine nella nostra indagine, di tale figura geometrica, sono state individuate negli antichi scritti cuneiformi attribuite ai Sumeri, la cui datazione le fa risalire alla Ia Dinastia di Ur (IV/III millennio AC). Il suo significato non è soltanto astronomico, difatti, lo ritroviamo anche nell’ambito del simbolismo alchemico e associato al Fuoco Filosofico degli alchimisti. Gli egiziani, ad esempio, la conoscevano come la Stella Fiammeggiante, identificandola con Sirio. Per le antiche popolazioni del Nord - Europa e in particolare tra le popolazioni celtiche, all’interno delle quali i Druidi, antichi sacerdoti delle caste privilegiate delle comunità galliche e celtiche, la rappresentazione del simbolo del pentalfa era intesa come Luce Spirituale. Lo stesso Sitchin nella sua elaborata teoria, fa riferimento a un’incisione riportata su un sigillo, classificato VA-243, oggi custodito presso il museo nazionale di Berlino, in Germania, sul quale non entriamo nel merito della disputa tra i sostenitori della teoria di Sitchin e gli accademici che ne sostengono l’infondatezza, quindi andiamo oltre...

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