venerdì 8 dicembre 2017

L’#uomo: #progenie degli #dèi

L’uomo: progenie degli dèi

  


  
Per millenni dunque, l’uomo, dopo la sua nascita, si è evoluto secondo logiche progettuali non terrestri, E gli sbalzi evolutivi, che i moderni studiosi hanno registrato, confermerebbero l’ipotesi secondo la quale alcune variazioni possono essere attribuite a fattori esterni.  Difatti posti in relazione con il tempo che occorrerebbe a una qualsiasi forma di vita a evolversi a uno stadio più complesso, dovrebbero trascorrere diverse centinaia di milioni di anni, come ha dimostrato Darwin, con la sua teoria della specie, secondo una selezione naturale, ma così non è stato per l’uomo. I tempi di Madre natura non erano quelli degli antichi dèi, che in più occasioni hanno interferito, aiutando questa nuova razza a piccoli salti evolutivi. L’esperimento però non dava i risultati previsti o almeno la razza umana non si stava evolvendo secondo i dettami progettuali degli antichi creatori. Processo troppo lento per le necessità degli dèi.
Ne accelerarono l’evoluzione circa 200mila anni fa e da quel momento l’esperimento “uomo” ha subìto continue modifiche da parte dei loro creatori, per migliorarlo e renderlo “a immagine divina”. Fu il Diluvio universale che in fine, permise ai creatori dell’uomo, di eseguire una ristrettissima selezione genetica per migliorare ulteriormente il loro progetto iniziale e, secondo quanto emerge dai continui studi sull’evoluzione umana, tale processo, continua a essere costantemente perfezionato. L’apocalisse che si abbatté sulla Terra, 13mila anni fa, fu catastrofica e soltanto una ristrettissima cerchia di esseri viventi fu salvata dall’estinzione di massa. I creatori furono soddisfatti della selezione e tanto fu la loro contentezza che iniziarono a elargire parte della loro conoscenza. In seguito l’uomo ripopolò il pianeta, mentre gli antichi visitatori elargivano perle di sapere.
Come una droga, dunque, l’uomo si è assuefatto agli dèi, la cui dipendenza gli ha fatto perdere di vista il suo relazionarsi con le forze vitali dell’universo. Fortunatamente non tutto è stato perduto, ancora oggi, gli aborigeni australiani raccontano il loro rapporto con tali energie e a quanto pare non sono gli unici. Molte tradizioni andine, mesoamericane o quelle narrate dagli antichi indiani d’America, solo per citarne alcune, custodiscono ancora gelosamente tali ricordi, anche se per la maggior parte della popolazione mondiale, cosiddetta civilizzata, sono ricordi andati e perduti con l’urbanizzazione e la dipendenza dai poteri deviati di quei governi che vogliono sottomettere l’intera razza umana.
Non possiamo certo paragonarci ai nostri creatori, peccherei di arroganza, ma sono convinto che la mente umana abbia delle potenzialità, le quali, verosimilmente, possono equiparare quella degli antichi dèi; d’altronde ci hanno creato “a loro immagine e somiglianza” e nel crearci molti dei loro geni interagirono con “l’argilla” della terra, con il primitivo genoma dell’Homo Erectus. Se soltanto fossimo un po’ più consapevoli e meno iniqui, la ricerca sulle origini sarebbe la strada più ovvia che l’umanità dovrebbe intraprendere che le permetterebbe di accrescere la propria conoscenza sul ruolo assegnatole nella sfera universale. In tal modo ci renderemmo conto di quanto minuscoli siamo dinanzi alla Creazione e forse, saremmo più inclini a tutelare la nostra stessa esistenza, presente e futura e il mondo che ci ospita.
Sono princìpi e congetture filosofiche diverse, anche se corrono paralleli alla crescita umana, tuttavia le nuove teorie scientifiche sulla genesi dell’uomo trovano il loro maggiore sostegno proprio nella storia delle religioni di tutto il mondo e anche se ognuna di esse racconta a suo modo la venuta del loro dio sulla Terra, tutte convergono formulando lo stesso concetto primevo. Criteri di giudizio che, il più delle volte, sono stati offuscati dai rigidi protocolli messianici o scientifici imposti dalle dottrine ufficiali, i cui sostenitori siano essi religiosi o scienziati, hanno sempre rifiutato un confronto diretto. Eppure l’una non esclude l’altra, come hanno dimostrato molti studi affini a tali discipline e come abbiamo più volte affermato nei capitoli precedenti. La genesi umana di conseguenza va investigata, come sostengono i moderni ricercatori, tra le rovine storiche delle culture primitive, i cui rituali fondati su concetti cosmogonici[1] hanno sviluppato una sintagmatica[2] del tutto coerente con il panorama naturale della preistoria. Una volta compreso tale meccanismo non dissociante ma congiungente, molti ricercatori, più lungimiranti di altri, hanno approntato nuovi metodi di ricerca. Ciò gli ha permesso di riempire tutti i vuoti lasciati dalla scienza e, come se non bastasse, hanno spiegato la veemenza ispirata a devozione degli uomini primitivi nei confronti di creature provenienti dal cielo. Altrimenti non si spiegherebbero, da un certo punto di vista, le necessità dell’uomo nell’edificare tutte quelle strutture megalitiche sparse sul pianeta e la sua stessa presenza evolutiva. Non fu certo un capriccio degli dèi la creazione dell’uomo, ma la necessità di questi ultimi di essere serviti e coadiuvati, alleggerendogli il giogo delle fatiche sostenuto nelle esplorazioni e scavi minerari.
Fu la fatica dunque, secondo la teoria Sicciniana, che spinse gli dèi/alieni a creare una creatura senziente, capace cioè di comprendere i loro comandi, in parte autonoma ma servile. D’altro canto, l’uomo, pur avendo una certa autonomia e gravato dal faticoso lavoro nelle miniere, è sempre rimasto fedele agli insegnamenti dei loro creatori e per far sì che essi fossero sempre presenti nel loro immaginario collettivo, iniziarono a sviluppare un panorama teogonico, dove la natura divina degli dèi fu intercalata negli aspetti fenomenici della natura.
Se volessimo porci la domanda: Perché Dio creò l’uomo? Una risposta retorica e pacchiana, è quella secondo la quale a Dio occorreva un “giardiniere” che accudisse il “giardino dell’Eden”. Infatti, in ogni testo biblico sia esso Cristiano, ebreo o coranico, è scritto a chiare lettere. In Genesi [2,15], ad esempio, troviamo scritto:

Poi il Signore, Dio rapì l’uomo e lo depose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse.



Nell’analizzare questo passaggio c’è da chiedersi: perché Dio dovette rapire l’uomo, per portarlo nel suo giardino di Eden? Potrebbe questo passo biblico, la cui disamina la troveremo più avanti, riferirsi al racconto del rapimento, voluto da Enlil, il dio alieno della razza degli Anunna(ki), di alcune delle nuove creature ibride, cioè gli Adama, i progenitori dell’Homo Sapiens, clonate dal fratello Enki nell’Abzu? Prove che possono convalidare tale pensiero, al momento non soddisfano la nostra ricerca, ma suscitano moltissimi dubbi e opportunità di riflessione.
Le ricerche compiute e gli studi fatti fino ad oggi hanno la tendenza a emarginare tale panorama antico; per i filosofi, ad esempio, sono aspetti mitopoietici lontani dalla realtà di quel tempo. Ciò nonostante alcuni aspetti come il linguaggio, i rituali messianici e alchemici, il rapportarsi con le fogge fenomeniche della natura e lo studio della volta celeste, hanno consentito all’uomo di evolversi secondo precisi paradigmi divini. Tuttavia, e per quanto fosse dotato d’intelligenza, egli, con le sue sole forze, non sarebbe stato in grado di sviluppare tutte quelle discipline scientifiche e tecnologiche, che la storia racconta, senza l’aiuto di una razza superiore. I meriti però non sono da attribuire soltanto agli antichi dèi, anche l’uomo, grazie alla sua capacità di pensare, ha sviluppato i primi rudimenti filosofici e le prime fogge ritualistiche e cerimoniali, servendosi di preparati alchemici e formule magiche, per aggraziarsi i loro creatori.
Platone, Beroso, Manetone, Tucidide, Filone da Biblo e tutti gli altri, oggi, sono considerati i padri della Storia, è grazie ai loro studi filosofici e alle cronache lasciateci in eredità, se in epoca moderna, studiosi e accademici hanno potuto trascrivere parte della Storia umana. Un’anomalia, tuttavia, emerge da tali cronache, perché esse sono state infuse con tutti quei preconcetti lasciatici in eredità dai grandi narratori del passato.
Gli studiosi moderni si sono mai chiesti quali influenze politiche, sociali e religiose hanno determinato la stesura di tali cronache antiche?
E’ una domanda retorica, certo, chiunque si occupi della storia dell’uomo,conosce il contesto storico di quanto tali cronache furono redatte, ciò nonostante nessuno ha mai pensato di epurare tali scritti dalle influenze sociali e comportamentali che le società di quel tempo hanno mitigato. Oggi tali scritti al pari di tanti altri compendi sono la chiave di lettura, le basi grazie alle quali gli accademici e storici moderni hanno potuto ricostruire la storia antica secondo paradigmi convenzionali ed elaborati con metro scientifico, tralasciando tutte quelle parti la cui sfera gravitava nei concetti mitopoietici e filosofici dell’uomo preistorico.
Gli studiosi si sono mai chiesti perché sorsero tre civiltà indipendenti l’una dall’altra con specifiche e caratteristiche uniche:
ü  La prima a emergere fu quella conosciuta con il nome di civiltà Sumera, la quale si avvantaggiò negli studi legislativi, a essi, infatti, si fa risalire il primo codice legislativo della storia conosciuta;
ü  Poi apparve quell’Egizia, la quale fu avvantaggiata nella costruzione d’imponenti strutture megalitiche;
ü  E non certo per ultima in ordine d’importanza apparve quell’Indiana nella valle dell’Indo, la quale ha sviluppato una religione che secondo studi recenti, è la madre di tutte le religioni, lo stesso Gesù, in epoca adolescenziale si recò in India e vi rimase per circa 18 anni, prima di ritornare in Medioriente e divenire il Messia dell’umanità. 
Un altro esempio eloquente lo troviamo nei primi cinque libri dell’Antico Testamento; infatti, quando gli antichi redattori biblici redissero le cronache della genesi umana non poterono esimersi dall’utilizzo di antiche tradizioni sociali e religiose, estrapolate dalla cultura sumerica e da quelle provenienti dal Sivaismo[3] indiano, che influenzarono profondamente il popolo di Dio, cioè gli Israeliti, gli antichi Cananiti. Non dobbiamo dimenticare che gli israeliti erano un popolo di origine Cananita,[4] che nonostante la loro provenienza sumerica, subì il giogo di diverse culture. Infatti, le loro perigrazioni abbracciano un arco temporale molto vasto e persino oggi, il loro territorio è fortemente scosso da implicazioni sociali, politiche e religiose. Dai loro originari territori si spostarono in Egitto, dove vissero per circa 400 anni prima che l’esodo li portasse inizialmente nella penisola del Sinai, dove vissero per circa 40 anni, per poi spostarsi in Mesopotamia, dove nei secoli successivi subirono il giogo di altri popoli e culture diverse, prima di insediarsi definitivamente negli attuali territori della Palestina. Oggi gli studiosi delle religioni sono concordi nell’affermare che il libro sacro degli israeliti, cioè la Bibbia, presenta una serie di affinità con dottrine e tradizioni sviluppate da altri popoli.
Allora perché non può essere accettata l’idea che siano esistiti altri storici, i cui nomi sono andati perduti nei meandri del tempo, che, con i loro scritti,hanno raccontato una storia dell’umanità del tutto coerente con l’evoluzione umana?
Qualcuno potrebbe obbiettare che non esistono prove a suffragio di tali cronache. Niente di più sbagliato!
Le prove della presenza di una razza superiore che giunse sul nostro pianeta migliaia di anni fa, esistono e sono alla luce del sole. Strutture megalitiche sparse sul pianeta, riscontri scientifici delle asserzioni astronomiche redatte da un popolo di 6mila anni fa, manufatti che per la loro struttura non possono essere stati realizzati dalle mani e dagli arnesi in uso nel tardo neolitico; tecniche e tecnologie che la scienza ufficiale non riesce a spiegare, eppure sono lì, alcuni in bella vista altri conservati nei maggiori musei internazionali, e tutti raccontano tutt’altra verità. Una verità relativa, certo ma indiscutibile.
La scienza ufficiale fa fatica ad accettare tali realtà, pur ammettendo che esistono delle difficoltà oggettive nello spiegare determinati e cruciali passaggi evolutivi e tecnologici. La civiltà umana si è sviluppata grazie all’intervento degli dèi e non perché è stato l’uomo a crearla. Troppo repentini sono stati i balzi evolutivi per essere attribuiti all’evoluzione naturale. L’uomo dunque fu creato e utilizzato dagli dèi come uno strumento per migliorare le proprie condizioni ambientali, durante il soggiorno sulla Terra. La disamina degli idiomi antichi è chiara e inoppugnabile; Adamo fu il primo uomo creato dagli dèi semitici, la cui traduzione lessicale del termine sarebbe servo o servitore, ed è il ruolo che egli svolse al servizio degli dèi. Secondo altri commentatori l’idioma Adamo starebbe a indicare “figlio della terra”, “terrestre”. Fu o sarebbe stato così chiamato per distinguerlo dalla progenie di divinità presenti sul pianeta in quel lontano passato. Tale ipotesi prende spunto, tra l’altro, dal passo biblico della genesi 6, dove si legge:

[…] C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi.

Qualunque sia stato il suo significato originario fu creato per servire gli dèi. Servo, e come tale la progenie che seguì fu utilizzata per alleviare le fatiche degli dèi nelle miniere africane. Secondo le cronache sumero-babilonesi la sua creazione avvenne dal phatos genetico, nei laboratori divini del dio En.ki./E.A.,[5] nell’Abzu.[6]
Dopo la creazione del primo uomo seguì la clonazione in massa di questa nuova razza ibrida, dotata di linguaggio, forza e intelligenza. Tuttavia il metodo adottato dagli dèi per moltiplicare l’uomo e, quindi, controllarne il numero delle nascite, lo rendeva evolutivamente incompleto, difatti, la mancanza della capacità di riprodursi per via sessuale inibiva la nuova razza a svilupparsi ed evolversi autonomamente. E se oggi esistiamo, lo dobbiamo alla diatriba che sarebbe scaturita tra gli dèi sulla gestione e l’utilizzo dei primi ibridi umani.
Fu l’idea attuata dal dio/scienziato Enki, raccontano le cronache semitiche, per vendicarsi del fratello Enlil, il quale gli aveva sottratto un gruppo di servitori “Adama/Terrestri”. Enlil,[7] tanto meno i suoi scienziati, non aveva quelle conoscenze scientifiche e genetiche che gli avrebbero permesso di clonare a loro volta altri esseri umani, pertanto fu costretto a rivelare il suo comportamento e chiedere aiuto al fratello. Enki, colse l’occasione al volo per vendicarsi del fratello e a sua insaputa riprogrammò il genoma dell’uomo, permettendo a quest’ultimo di riprodursi per via sessuale. Da quest’atto, che secondo alcuni ricercatori sarebbe avvenuto tra i 50/40mila anni fa, nacque l’Homo Sapiens [Sapiens].
Datazione che oggi coincide sia con le teorie antropologiche e paleoantropologiche, espresse da eminenti studiosi internazionali, sia con la prima colonizzazione del pianeta.
Che cosa determinò tale migrazione ancora è di difficile lettura. Volendo si può sostenere l’ipotesi sulla necessità degli uomini preistorici di spostarsi sistematicamente nella ricerca di territori ricchi di selvaggina, ma non convince del tutto. Le ipotesi più plausibilmente accettabili attribuiscono le cause agli dèi, che nell’affannosa ricerca di metalli nobili, quale oro e argento, hanno spinto molti gruppi umani a spostarsi in diverse aree del pianeta.
Altri commentatori invece sostengono che la razza umana ebbe origine in un’altra parte dell’universo e giunse sulla Terra per colonizzarla. Secondo questa teoria i primi umani che giunsero sulla Terra erano esseri evoluti con una consapevolezza superiore, tuttavia i numerosi cataclismi cui il pianeta è andato incontro nel passato, decimò questa gruppo di colonizzatori e i pochi superstiti rimasti, per riuscire a sopravvivere, si sono dovuti adeguare alle mutevoli condizioni ambientali del pianeta, tanto da imbarbarirsi a tal punto da dimenticare le proprie origini extraterrestri. Se tale tesi fosse comprovata, si potrebbero spiegare tutti quegli oggetti, quegli OOPART,[8] le cui datazioni li collocano in periodi non conformi allo sviluppo societario del genere umano durante il Neolitico, ma di questo parleremo più avanti. Ed è altresì probabile che giunsero altre razze aliene sulla Terra e servendosi dei primitivi terrestri realizzarono le loro città e porti spaziali.
Questa è soltanto una parte della storia dell’uomo… il resto lo trovate riportato in questo libro


Questo testo proviene dal libro di Angelo Virgillito “IL SEME DELLA VITA GENESI DIVINA O ALIENA?”, edito dalla XPublishing, Roma ed è coperto da COPYRIGHT, i trasgressori saranno puniti a termini di legge.


[1] Il termine cosmogonia significa nascita del cosmo, in altre parole origine dell’universo. L'espressione in filosofia appare per la prima volta nel V secolo a.C. da parte di Leucippo, che firma una grande cosmogonia da cui Democrito ricaverà la sua piccola cosmogonia. La variante mitico-religiosa di cosmogonia si connota come "narrazione della creazione" (dal greco kósmos, mondo e génésthai, nascere), a volte definito mito delle origini è la leggenda, il racconto, lo studio di come si sia generato l'universo. Le varianti cosmogoniche in senso mitico sono numerosissime, che riguardano ogni cultura arcaica e antica, ben documentate in etnologia e antropologia culturale. Nei tempi antichi il termine cosmogonia era correlato prevalentemente con la mitologia. In quasi tutte le società e culture è esistita una narrazione mitologica dell'origine dell'universo e dell'essere umano, spiegabile con la necessità dell'uomo di trovare una risposta a domande del tipo "chi ha fatto il mondo?" o "da dove veniamo?". Questi miti possono essere fra loro molto differenti, che alludono a diverse visioni del mondo, ma anche con relativi trasferimenti da cultura a cultura. In ognuno di questi miti, le varie società e culture hanno inserito gli elementi e le metafore che ritenevano più rappresentativi della loro concezione del mondo. In tempi moderni con il termine cosmogonia s’indica lo studio scientifico dell'origine ed evoluzione dell'universo.
[2] La sintagmatica può essere definita in due modi diversi. Il primo riguarda la linea sintagmatica, meglio detta Asse sintagmatico, si definisce come il concatenamento di elementi atti alla comunicazione (parole o qualsiasi altro tipo di segno) legati da un rapporto di contiguità (l'uno dopo l'altro). Insieme all'asse paradigmatico, la linea sintagmatica costituisce una delle intuizioni più innovative del padre della linguistica Ferdinand de Saussure. La seconda invece si definisce come la grammatica sintagmatica, altrimenti nota come gerarchia di Chomsky, è una gerarchia di contenimento delle classi delle grammatiche formali che genera i linguaggi formali. Questa gerarchia di grammatiche, furono descritte da Noam Chomsky come “grammatiche sintagmatiche".
 [3] Śiva (adattato in Shiva), è il nome di un dio maschile post-vedica erede diretta della divinità pre-aria, in seguito ripresa anche nei Veda, indicata con i nomi di Pasùpati e Rudra. Fondamento, a partire dall'epoca Gupta, di sette mistiche a lui dedicate Śiva è divenuto, in età moderna, uno dei culti principali dell'Induismo. Ricostruire l'origine del culto di questa importante divinità dell'India antica e moderna è un compito arduo, che non ha trovato completamente concordi gli studiosi che se ne sono occupati. L'ipotesi formulata dall'archeologo John Hubert Marshall, secondo il quale i sigilli raffiguranti la divinità di un proto-Pasùpati (il "Signore degli animali" dei Veda) rinvenuti nella valle dell’Indo (oggi in Pakistan) possano essere direttamente collegati alla successiva divinità di Śiva, è tuttavia oggi generalmente accettata. Si chiama sia Śiva ("il Benevolo") sia Hara ("il Distruttore"), ma anche Shaṃkara ("il Salvatore"), Mahādeva ("il Grande Dio"), o anche "Signore delle bestie selvatiche" (Śatapatha Brāhmaṇa, XII, 7, 3, 20): Paśupati.
[4] Canaan (ebraico moderno: Knaan; greco della koinè: Χαναάν, da cui latino: Canaan; da cui italiano: Cananea) è un antico termine geografico che si riferiva a una regione che comprendeva, all’incirca, il territorio attuale di Libano, Israele e parti del territorio della Siria e della Giordania. Il termine ebraico è di origini oscure, un'ipotesi accreditata è la connessione col termine hurrita kinahhu, trovato a Nuzi (c. 1450 a.C.) o ancora all'accadico Kinaḫḫu, che si riferiscono al colore rosso porpora che tali popolazioni lavoravano. Come d'altra parte il significato di Fenici (dal greco Φοινίκη: Phoiníkē) ha la medesima ragione, i due termini sono sinonimi utilizzati per indicare le popolazioni della terra oggi compresa tra il nord Israele, Libano e parte di Siria e Giordania. Secondo la tradizione biblica deriva dal nome di un personaggio della Bibbia, Canaan figlio di Cam e nipote di Noè, dal quale sarebbe disceso il popolo cananeo (mentre gli ebrei erano chiamati semiti perché discendenti di Sem, per quanto oggigiorno la denominazione etnica e linguistica moderna di "semita" abbracci entrambe queste popolazioni).
[5] En.ki./E.a, che tradotto sarebbe “Colui la cui casa è l’acqua” è il nome-epiteto del capo del primo gruppo di cinquanta Anunnaki giunti sulla Terra, nei pressi del golfo Persico 450mila anni fa. Scelto per le sue conoscenze scientifiche, la sua missione era di estrarre oro dalle acque degli oceani. Primogenito di Anu, sovrano di Nibiru, ma non l’erede legittimo al trono, che spettava per diritto di successione al fratello Enlil. Riferimento tratto dal libro di Zecharia Sitchin, Le Cronache Terrestri rivelate, a pag. 84 delle edizioni Piemme.
[6] Apsû (anche Abzu) è la personificazione delle acque sotterranee nella mitologia mesopotamica, sposo di Tiamat e progenitore degli dei. In seguito questo mondo viene dominato dal dio Enki/Ea. Tutte le fonti di acqua dolce (sorgenti, fiumi, laghi e pozzi) erano ritenute provenire da un unico oceano abissale sotterraneo, di cui Apsû era la figura divina. Il poema cosmogonico Enuma Elis descrive il caos primordiale come una mescolanza delle acque dolci di Apsû con le acque salate di Tiamat.
[7] En.lil, che tradotto sarebbe “Signore del comando”, figlio di Anu ed erede legittimo al trono di Nibiru; il suo rango numerico era 50. Comandante carismatico venne inviato a organizzare la Missione Terra dopo il fallimento dei primi tentativi di E.a di estrarre l’oro necessario alla sopravvivenza del proprio pianeta. Enlil. Tratta dal libro di Zecharia Sitchin, Le Cronache Terrestri rivelate, pag. 92 dell’edizioni Piemme.
[8] OOPArt è un termine che deriva dall'acronimo inglese Out Of Place ARTifacts (reperti o manufatti fuori posto), coniato dal naturalista e criptozoologo americano Ivan Sanderson per assegnare un nome a una categoria di oggetti che sembrerebbero avere una difficile posizione storica, ossia rappresenterebbero un anacronismo. Vengono classificati come OOPArt tutti quei reperti archeologici o paleontologici che, secondo comuni convinzioni non sarebbero potuti esistere nell'epoca a cui si riferiscono le datazioni iniziali.

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: CHI ERANO I #COLONIZZATORI DELLA #TERRA ?

KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: CHI ERANO I #COLONIZZATORI DELLA #TERRA ?: La colonizzazione della Terra   Noi sappiamo che nell’area mediorientale, nel sud-est asiatico, in alcuni territori dell’Europa settentr...




CHI ERANO I #COLONIZZATORI DELLA #TERRA ?

La colonizzazione della Terra
 Noi sappiamo che nell’area mediorientale, nel sud-est asiatico, in alcuni territori dell’Europa settentrionale e nelle Americhe, giunsero degli esseri che agli occhi delle popolazioni locali apparvero come dèi; analogamente avvenne che, in Mesopotamia, i Sumeri elessero An o Anu come dio supremo; in India, si manifestò Visnù, in Egitto Ptah; in America latina per i Maya ci fu Quetzalcoatl; sulle loro connessioni e similitudini, oggi, numerosi studiosi delle origini affermano che tali divinità non sono altro che le trasposizioni degli dèi primordiali.

Il dio Vishnu

Quetzalcoatl, il dio amerindo dei Maya

 Quello che non sappiamo è il nome con cui erano conosciuti dai nostri antichi progenitori. Abbiamo compreso che in epoca preistorica tutte le comunità del pianeta, incluse quelle siceliote, si reggevano su strutture matriarcali, delle quali non conosciamo del tutto ruoli e funzioni. Di certo possiamo affermare che nel territorio siciliano i primi gruppi di coloni che s’insediarono nella valle del Simeto conoscevano perfettamente il dio che in quel luogo aveva costruito il suo tempio. In seguito, con l’avvicendarsi delle nuove etnie colonizzatrici, il nome originario del dio andò perduto, sostituito da nuove forme dialettali diverse, secondo la provenienza territoriale dei gruppi familiari che giungevano sull’isola. Agli inizi del 2.500 AC, le religioni professate dalle diverse etnie presenti sull’isola, iniziarono a raggrupparsi sotto l’egida di un unico dio, Adranòs. L’ortodossia classica sostiene che il culto di Adranòs si è sviluppato in Sicilia a seguito delle prime immigrazioni risalenti al II millennio AC; a nostro modo di vedere, il culto al dio, conosciuto dalle popolazione di quel periodo con il nome di Adranòs, coinciderebbe con la prima migrazione di massa dell’uomo avvenuta circa 50mila anni fa, altri ricercatori retrodatano tale migrazione a circa 100mila anni fa, comunque siano andate le cose, nel corso della quale alcuni gruppi familiari, su indicazioni di uno dei tanti dèi Anunnaki, s’insediarono sull’isola siciliana
Dai racconti e leggende isolane sarebbe stato un dio sumero che gestì l’avamposto militare, realizzato in epoca antidiluviana e probabilmente ricostruito nel IX Millennio AC, durante la guerra degli dèi e il suo controllo non si limitò soltanto al supporto bellico; le sue influenze divine si diffusero sulle popolazioni isolane. L’arcaica divinità, come già menzionato, a quel tempo era conosciuta con il nome di Adar/Azar/Adranòs, ma quale fosse il suo epiteto originario lo vedremo più avanti nella ricerca, perché è probabile che ci sia stata una sovrapposizione degli epiteti connessa a delle sostituzioni.
 Le culture, però, evolvono e nuove civiltà si affacciano nel panorama storico dell’evoluzione umana e ognuna di esse ridisegna il proprio pantheon divino, attingendo da quello precedente, mentre i nomi cambiano. Abbiamo sostenuto, sin dall’inizio, che una delle caratteristiche che rendono difficile la ricostruzione delle origini delle prime forme associative delle comunità siceliote è il susseguirsi delle immigrazioni, i cui linguaggi hanno alterato e, a volte, mutato il nome delle divinità locali. La risposta quindi è da ricercare nelle forme linguistiche degli antichi idiomi, che non sempre hanno mantenuto la stessa radice o locuzione.
Ad esempio Zeus per i greci o Giove per i latini, divinità supreme dell’epopea ellenica e romana, così come del resto tutte le divinità dell’epoca, non affondano le loro origini in tutte le aree di culto, dove greci e romani ipotizzavano che fossero nati. Gli dèi olimpici ad esempio, hanno origine cretese, com’è stato dimostrato da recenti studi, che hanno ricostruito parte della loro storia mitologica. Quindi se Zeus affonda i suoi numi divini nella cultura micenea e, prima ancora, ha reminiscenze da quella vedica, il motivo è da ricercare nel retaggio religioso degli esuli cretesi, le cui prime migrazioni avrebbero avuto origine dalla valle dell’Indo, subendo le forti  influenze mediorientali.
Con il trascorrere del tempo si ebbe un’interazione con le culture autoctone del versante orientale del Mediterraneo, il cui risultato fu un nuovo modello di società sorretto da un moderno gruppo di divinità, dove Zeus fu eletto dio supremo dell’Olimpo. Applicando la stessa metodologia al resto delle altre religioni del versante mediorientale, emerge che il pantheon miceneo ha reminiscenze sia egizie sia vediche, ma quello egizio, nel corso del II millennio AC, subisce un’evoluzione culturale dovuta ai frequenti scambi commerciali nell’area del Mediterraneo con le nuove civiltà, il cui risultato fu l’interazione con quella cretese prima, estendendosi poi in quella greca. In definitiva pur mantenendo gli stessi concetti ritualistici di base, i nomi delle principali divinità egizie diventarono i dodici grandi dèi greci, con a capo il dio supremo, identificato in Zeus. Anche le stesse divinità egizie affondano le loro radici nella cultura religiosa sumerica che, allo stato attuale degli studi canonici, è ritenuta la prima civiltà postdiluviana.
L’ipotesi di cui sopra viene confermata dal prof. Salvatore Alia, il quale nel suo libro, dal titolo il Dizionario Mitologico, fornisce prova inconfutabile di come agli dèi dell’antichità veniva cambiato il nome in base al popolo dominate in quell’area. Ecco perché il dio Adranòs nell’epoca della fiorente civiltà greca, divenne Efesto, mentre per i romani ad esempio, Afrodite, la dèa della bellezza e dell’amore, era conosciuta con il nome di Venere, prova rafforzata anche dall’epigrafe funeraria, che abbiamo in precedenza citato e risalente al periodo della dominazione dei Cesari.
Quando giunse l’Homo Sapiens sull’isola siciliana?
Il mondo accademico sostiene che l’Homo Sapiens giunse sull’isola a seguito delle prime colonizzazioni del passato; noi, invece, sosteniamo che esso giunse in Sicilia circa 40mila anni fa, a seguito di quell’Anunnako, conosciuto nel II millennio AC con il nome di Adranòs. L’interpretazione poi, della storia siciliana è scaturita da tutti quei documenti e reperti archeologici, grazie ai quali gli studiosi sono stati in grado di ricostruire, secondo i loro paradigmi, una sequenza temporale sulle origini del dio della Montagna e del suo tempio.
Nel contesto macro-etnico invece, troviamo i ricercatori moderni, i quali alla luce delle nuove informazioni archeologiche, hanno ristretto il campo delle ingerenze religiose tra le popolazioni del Medioriente, focalizzando i loro studi al centro di un contesto storico più ampio, le cui ipotesi cosmologiche e astronomiche, avanzate da R. Bauval, G. Hancock, Z. Sitchin e altri, hanno fatto tremare le fondamenta dell’ortodossia canonica, mettendo a serio rischio le dottrine e gli stretti paradigmi classici. Ovviamente non sono i soli a minare le fondamenta degli studi classici, accademici e scientifici, sulla stessa lunghezza d’onda, ma in un gradino più in basso, si trovano i sostenitori della civiltà perduta di Atlantide e più in giù i pseudo-ufologi di basso livello che formulano ipotesi molto fantasiose e poco attendibili. Questi ultimi, però, esulano dal panorama di tutti quei ricercatori seri e competenti che indagano e operano, da decenni, nell’ambito del panorama ufologico. In un contesto così variegato di conseguenza, non dobbiamo dimenticare l’impareggiabile lavoro svolto da eminenti studiosi e archeologi che fondano le loro indiscutibili teorie su basi empiriche e verificabili, per cui il loro lavoro, svolto negli ultimi decenni, è ben custodito nelle sedi accademiche e nei musei di tutto il mondo. Ciò ha permesso agli Ufologi di utilizzare tutte queste informazioni come punti di riferimento per una ricerca più accurata e veritiera sulle nostre vere origini .
La nostra indagine, nel ripercorrere a ritroso la storia del versante meridionale dell’Etna, poteva essere svolta soltanto utilizzando lo stesso metodo impiegato dai tanti ricercatori della New Age, dove gli aspetti mitologici, cosmologici e leggendari, interagendo con gli avvenimenti storici, dimostrano che gli eventi del passato accaduti nel territorio etneo, ben si adattano alle cronache cosmologiche sumeriche. E’ strano però che la storia abbia dimenticato una valle così lussureggiante, ricca di sorgenti cristalline e attraversata da un fiume dalle acque argentine, com'è illogico per le popolazioni antiche, che scelsero d’insediarsi e sviluppare le proprie civiltà in aree meno adatte alla vita se paragonate a ciò che offriva la valle simetina.  L’unica ipotesi sostenibile potrebbe essere avvalorata dal ricordo, conservato nella memoria collettiva degli antichi abitanti del versante orientale dell’isola, della valanga del V millennio AC.
Non è un caso che quando nel ‘700 in Sicilia giunsero gli arabi, l’intera area fu denominata la Valle del Demone o Val Demone. Qualcuno potrebbe obbiettare che la scelta del nome fu dettata dall’imponente irrequietezza del vulcano etneo; questa potrebbe essere un’ipotesi. Gli arabi invece, per quanto barbari potessero apparire agli occhi delle civiltà occidentali, furono portatori di antiche discipline umanistiche, esoteriche e alchemiche, influenze che si protrassero per oltre mille anni, diffondendosi in tutto il territorio europeo, le cui reminiscenze ancora oggi, sono alla base dei concetti messianici di determinate fogge massoniche ed esoteriche.
Qualunque sia l’approccio storico o leggendario, relativo al territorio meridionale dell’Etna, inevitabilmente esso s’intreccia con la storia canonica dei popoli del Medioriente e delle loro divinità. Per spiegare l’origine di Adranòs, il potente dio siculo e della sua origine mediorientale, dovremmo affrontare un percorso tortuoso e frastagliato. Cogliamo l’opportunità dal lavoro effettuato dal professor Alia, il quale identifica il dio greco Efesto con una divinità più antica, Adranòs, attraverso il variegato panorama miticizzato del passato storico.
Efesto, l’artigiano degli dèi


Il dio greco Efesto, l'artigiano degli dèi


Efesto ha caratteri propri ben distinguibili tra tutte le divinità del passato e molto simili al dio Adranòs; poiché le notizie finora emerse sono poche e frammentarie, per meglio comprenderne la figura cercheremo di illustrarla attraverso l’alter ego greco. 
Efesto fu anche considerato il costruttore delle regge e dei palazzi destinati alle varie divinità dell’Olimpo. In ambito mitologico fu associato al fuoco, alla tecnologia, all'ingegneria, alla scultura e alla metallurgia; era adorato in tutte le città della Grecia, principalmente, dove si svilupparono le attività artigianali e in particolare ad Atene. Nell'Iliade, Omero racconta di come Efesto fosse brutto e di cattivo carattere, con una grande forza nei muscoli delle braccia e delle spalle, per cui tutto ciò che faceva, era di un'impareggiabile perfezione. Nonostante la tradizione antica indicasse la fucina di Efesto sull'isola di Lemnos, i coloni greci, che s’insediarono in Sicilia, notarono sin da subito gli stretti rapporti che legavano le due divinità, tanto che ben presto sostituirono il dio Adranòs con Efesto. Non solo, ma tutti i condizionamenti a carattere religioso fecero sì che la fucina di Efesto nei versi di aedi218 e poeti, venisse ubicata all’interno dell’Etna.
Lo storico Eliano parla del culto di Efesto nella città di Etna (Inessa), specificando che il tempio ospitava il fuoco inestinguibile e sempre acceso, custodito da cani sacri capaci di individuare la bontà o la cattiveria nel cuore dei pellegrini, ma tale trattazione come abbiamo avuto modo di evidenziare, essa è una trasposizione degli aspetti cosmologici e cosmogonici delle prime popolazioni della valle del Simeto.  
Efesto e suo fratello Ares invece erano figli di Era, concepiti con o senza la partecipazione di Zeus secondo le varie versioni leggendarie. Nei miti classici e nelle versioni più tarde, Era lo generò da sola, gelosa di Zeus, poiché il marito la tradiva con altre dèe, Ninfe e donne mortali. Le narrazioni mitologiche sulla nascita di Efesto sono controverse, perché in termini di storia umana, Era è una divinità precedente a Zeus, quindi la storia narrata sarebbe stata invertita. La mitologia greca racconta che Efesto realizzò la maggior parte dei magnifici oggetti di cui si servivano gli dèi, tutti dotati di poteri magici e soprattutto le armi che compaiono in mano agli eroi. Tra le sue realizzazioni troviamo: la fucina, gli automi (robot) di metallo, il bastone a forma di martello dal manico allungato, i gioielli di Teti ed Eurione, gli edifici degli dèi olimpici (costruiti sul monte Olimpo) e tanto altro ancora, che sarebbe lungo elencare. Tra i suoi assistenti, oltre gli automi di metallo, c’erano anche i Ciclopi. In una delle tante versioni del mito greco, si narra che fu Prometeo a rubare il fuoco sacro dalla fucina di Efesto, donandolo agli uomini. I Tebani raccontavano che dall'unione di Ares e Afrodite nacque Armonia, bella quanto la madre. L’unione con Efesto invece non sembra aver dato alcun frutto, sempre che Virgilio non parlasse seriamente quando affermava che Eros, il dio dell’amore, era figlio loro.
Alcuni autori posteriori hanno tentato di spiegare quest’affermazione dicendo che il dio dell'amore sia stato in realtà figlio di Ares, che in seguito venne adottato da Efesto come suo. Nell'Iliade di Omero l'amante di Efesto è un'Afrodite in piccolo, Charis (la grazia) o Aglaia (la gloriosa), una delle grazie, come chiamate da Esiodo nella sua Teogonia. Nel libro le astronavi del Sinai di Zecharia Sitchin si legge invece che, quando Ba‘al, uno dei figli del dio Ea/Enki, progettò con strattagemmi e sotterfugi la conquista della Cresta di Zaphon (nel panorama dell’epica sumera, la Cresta di Zaphon era una montagna sulla cui sommità gli Anunnaki avevano costruito il loro centro di controllo spaziale), si servì dei servigi di Kothar-Hasis, (“l’abile e sapiente”), l’Artigiano degli dèi.
Non soltanto gli studiosi moderni, - dice Zecharia Sitchin - ma anche Filone di Biblo (che scriveva nel primo secolo, citando precedenti storici fenici) hanno associato Kothar-Hasis con il greco Efesto, l‘Artigiano degli dèi, che costruì la casa di Zeus ed Era, sul monte Olimpo.
Nell’immaginario greco, invece, Efesto era uno dei figli di Giove e Giunone, considerato il padre dei Palici (famosi Giganti ripresi da Omero, nell’omonima epica, fratelli del mitico Polifemo, il gigante con un occhio solo, che fu accecato da Ulisse sull’isola siciliana). Efesto dunque, era il dio della creatività, capace di costruire oggetti magici per gli uomini, ma soprattutto per gli dèi; a lui è attribuito l’utilizzo del fuoco nelle fornaci e l’arte di lavorare i metalli. In definitiva è evidente perché i greci quando giunsero in Sicilia identificarono Efesto con Adranòs.  
La teoria di Zecharia Sitchin sostiene che tutti gli dèi del pantheon divino, come quello Latino, Greco, Ariano, Ittita, Hurrita, e poi, ancora, quello Cananeo, Egizio e quello degli Amorriti, insomma tutti i popoli che si sono affacciati alla civiltà nel corso della storia antica, hanno un’origine comune e riconducibile a un'unica sorgente semitica, dalla quale Adranòs proveniva. Nello scenario cosmologico delle popolazioni siceliote invece, potremmo configurare Adranòs a una delle tante lune del nostro sistema solare, coinvolto nella battaglia celeste agli albori della creazione. Il concetto che abbiamo appena esposto può essere identificato con quello espresso da Sitchin quando spiegò i concetti cosmologici dei Sumeri.

Uno dei tanti reperti raffiguranti gli dèi Anunnaki

     
I Sumeri, - dichiara Sitchin nel suo libro “Il pianeta degli dèi”- un popolo apparso improvvisamente, intorno al 4.000 AC, credeva anzitutto nelle divinità dei cieli, come Apsu, Tiamat, Anshar, Kinshar, esistevano “prima che le cose fossero create” e, che, per quanto sappiamo, esistevano prima della creazione della Terra. Se poi, uno studio più attento e più da vicino [sulla natura] di questi “dèi” […] ci si accorge che a essi è stato attribuito il nome dei corpi celesti che formano il nostro sistema solare e, quindi, i miti sumerici riguardo a queste entità celesti sono, in realtà, concetti cosmologici riguardanti la creazione del nostro sistema solare.”
Ammettendo che la creazione del nostro sistema solare è l’espressione dell’alter ego della cosmologia sumerica, frutto dei concetti metafisici dell’epoca, non si spiega come le popolazioni semitiche conoscessero così dettagliatamente il Cielo celeste, tanto da formulare un quadro astronomico evoluto. E’ una cosmologia interfacciata con numerose ipotesi storiche e religiose, risalente agli albori della presenza dell’uomo sul nostro pianeta. Difficilmente si potrà smontare tale ipotesi, altrimenti le conoscenze astronomiche e matematiche dei sumeri dovrebbero essere suffragate da millenni di studi, osservazioni e calcoli che soltanto una civiltà molto evoluta e progredita avrebbe potuto mettere appunto. Ma così non è! Non esiste una civiltà pre-sumerica o almeno fino adesso nulla è emerso dagli scavi archeologici che possano retrodatare la storia delle prime civiltà apparse sul pianeta. L’unica eccezione deriva dalla cultura atlantidèa, le cui tracce sono riportate nei dialoghi trascritti da Platone, ricerche che a tutt’oggi sono state infruttuose; eppure il racconto di Platone come un morbo attira sempre più adepti e sostenitori della tradizione atlantidèa.

Una carta geografica che raffigura il mitico continente scomparso di Atlantide

Questo testo è parte integrate del libro "IL TEMPIO PERDUTO DEGLI ANUNNAKI, edito dal Cerchio della Luna, Verona, ed è possibile acquistarlo nei migliori siti Online.
Quindi è soggetto a COPYRIGHT, ogni violazione è perseguibile a norma di legge.

Angelo Virgillito Copyright 2017




lunedì 20 novembre 2017

UN TRATTATO #SCIENTIFICO-#FILOSOFICO SULLA #NATURA #UMANA

Vorrei potervi raccontare la mia ricerca sulla natura umana posta in relazione all'ipotesi estraterrestre ma, per questioni editoriali, non posso. Ciò che posso fare invece è pubblicare questo breve stralcio tratto dal mio ultimo libro "IL SEME DELLA VITA GENESI DIVINA O ALIENA?" edito dalla Publishing, Roma, che al momento lo potete trovare in edicola a un prezzo veramente promozionale.





... In molti e sin dall’epoca classica, si sono cimentati nel vano tentativo di spiegare la provenienza della razza umana. Hanno cercato la genesi dell’uomo nei concetti filosofici e metafisici; altri hanno svolto ricerche empiriche e scientifiche per carpirne i segreti, ma ben poche sono state le risposte. Molte tesi proposte da eminenti studiosi arrancano con caparbietà per dimostrare l’infondatezza della teoria degli antichi astronauti, altre si spingono a congetturare i piani sottili dei concetti metafisici. Eppure, ancora oggi, esistono culture che custodiscono gelosamente un’altra storia sulle origini della razza umana, che si pone in netto contrasto con quanto ipotizzato dalla scienza ufficiale. Ad accendere forti dubbi e perplessità nei ricercatori e studiosi di tutto il mondo sono i voluminosi documenti, in parte riportati alla luce durante scavi archeologici, le cui disamine raccontano le cronache di un popolo disceso dal cielo che donò agli uomini parte della loro conoscenza, raggruppata nelle antiche credenze, che sono state tramandate da una generazione all’altra da tutte le culture del pianeta.
Sumeri, Egizi, Maya, Aztechi, Indiani, le antiche tribù africane dei Dogon, gli aborigeni australiani, solo per citarne alcune, custodiscono nelle loro tradizioni culturali e religiose la storia della loro discendenza ancestrale che non è quella ipotizzata dall’ortodossia canonica e, tutte si concretano nella frase: a creare l’uomo moderno furono gli dèi che dal cielo scesero sulla terra.
E’ un dato di fatto, una conferma inoppugnabile e gli studi in tale direzione lo confermano, che tutte le antiche culture sul pianeta e distanti tra loro migliaia di chilometri, hanno preservatolo lo stesso retaggio culturale, sociologico, tecnologico e religioso. I nomi e il linguaggio possono essere stati traslitterati o corrotti con il trascorrere del tempo, ma di certo hanno un’unica matrice. Lo studio delle lingue poi, ha posto in evidenza che esse discendono tutte da un’unica lingua madre, e in seguito, in particolare nel tardo Paleolitico, tale linguaggio universale subì una scissione. I cui filologi grazie ai loro studi ponderati sono riusciti a risalire ai due ceppi primari: indoeuropeo e semitico, confermando l’ipotesi iniziale che tutte le lingue moderne sia parlate sia scritte, sono a esse riconducibili...

AVREI VOLUTO DIRVI DI PIU', MA PREFERISCO CHE LEGGIATE IL MIO LIBRO


SE NON LO TROVATE PIU' IN EDICOLA, RICHIEDETELO DIRETTAMENTE ALLA EDIZIONI PUBLISHING DI ROMA, OPPURE ABBIATE LA PAZIENZA DI ATTENDERE LA DISTRIBUZIONE NELLE LIBRERIE ITALIANE.




Copyrighit novembre 2017 Angelo Virgillito

mercoledì 8 novembre 2017

IL MIO ULTIMO LIBRO IN EDICOLA DAL 15 NOVEMBRE INSIEME ALLA RIVISTA #XTIMES


FINALMENTE !!!


Con #XTIMES di novembre in allegato la mia ultima pubblicazione 

 "IL SEME DELLA VITA - GENESI DIVINA O ALIENA?"

 Il libro sarà presente nelle migliori edicole italiane e in versione digitale su



dal 15 NOVEMBRE 2017


    Uno studio comportamentale compiuto sull’uomo preistorico il quale sta dimostrando, di fatto, che esso non ha e, probabilmente non ha mai avuto, un suo habitat naturale e le ipotesi che stanno emergendo farebbero pensare che l’uomo non è figlio naturale di questo pianeta.


Un saggio che sviluppa un'indagine sulla genesi dell'uomo articolata sulle ultime conoscenze scientifiche e antropologiche

in relazione all’ipotesi extraterrestre.


 PRENOTALO SUBITO
 PRESSO LA TUA EDICOLA DI FIDUCIA !!!



Copyright 2017 Angelo Virgillito

KA TAN RELIGIONE E SPIRITUALITA': LA VERITA' CI RENDE LIBERI

KA TAN RELIGIONE E SPIRITUALITA': LA VERITA' CI RENDE LIBERI : LA VERITA' CI RENDE LIBERI   A volte preso dal vortice caotico de...