venerdì 30 dicembre 2016

I SUMERI IN SICILIA

E' difficile compiere uno studio attendibile sulla preistoria della Sicilia sia per la scarsezza di riferimenti storici e quei pochi, giunti sino a noi, che non chiariscono del tutto il panorama sociale, religioso e industriale delle prime comunità che si insediarono sull'isola, sia per lo scempio e lo sciacallaggio perpetrato in questi ultimi cinquant'anni dai profanatori di tombe. La Sicilia non è soltanto il fulcro politico-militare delle super potenze, per il controllo del Mediterraneo ma, e sono in molti a sostenerlo, è considerata la custode di antichi segreti alchemici e magici, in uso alle comunità post-diluviane, quelle stesse comunità che in seguito fondarono la prima civiltà conosciuta.
A tal proposito riporto quanto scritto nel mio libro "Il tempio perduto degli Anunnaki", edizioni Cerchio della Luna, Verona, dove nel capitolo VII - Gli influssi della cultura Sumero-Akkadica,

Uno dei maggiori sostenitori dell’ipotesi mediorientale è lo studioso catanese Giuseppe Resina quando documenta le influenze culturali sulle popolazioni autoctone dell’isola siciliana. Nel suo libro influssi della civiltà Sumero-Akkadica sulla civiltà mediterranea, Resina afferma:

Quando noi sentiamo parlare della Mesopotamia, non pensiamo che un paese così lontano da noi nel tempo e nello spazio, […] possa avere influito sulla nostra civiltà di discendenti dagli altieri abitatori di Roma.

Il riferimento del Resina è implicito; contrasta l’ipotesi avanzata da alcuni studiosi, secondo i quali le prime colonizzazioni dell’isola furono di provenienza italica. E’ vero che gli storici antichi quando parlavano della Mesopotamia si riferivano soltanto a un ristretto territorio mesopotamico, compreso tra i fiumi Tigri ed Eufrate (odierno Iraq), anche se oggi si ha la tendenza ad allargare tali confini incorporando le valli degli affluenti dei due fiumi, parte dei territori della Siria orientale e del versante Sud-orientale della Turchia, com’è attendibile che la nascita dell’agricoltura impose nuove regole sedentarie agli uomini preistorici. Non tutti però si trasformarono in agricoltori; molti gruppi continuarono a mantenere vive le vecchie tradizioni, che li portavano a spostarsi spesso da un territorio all’altro. Naturalmente la tesi della provenienza italica, secondo alcuni punti di vista, potrebbe essere accettabile. Ciò che non è plausibile è la discendenza indo-europea.

Mi propongo di dimostrare, [scrive Resina nel libro, il cui testo, tra l’altro, è stato utilizzato nel corso di Assiriologia tenuto nell’Università di Catania nell’anno accademico 1964/1965] che tale opinione è errata, perché contrariamente a quanto si pensa, la nostra civiltà deriva da quella mesopotamica, o per maggiore precisione da quella Sumero-akkadica. [Il testo tra le parentesi quadre è mio].
 
La teoria di Resina si basa su due principi fondamentali: il primo è riferito al cospicuo numero di parole dialettali, la cui derivazione è prettamente di origine sumerica e akkadica; il secondo riguarda le molteplici similitudini che lo studioso ha riscontrato in frasi dialettali siciliane, che affondano il loro significato nel panorama religioso legato alle antiche divinità sumeriche.

Quante volte – continua Resina - abbiamo inteso pronunziare la frase “mintiricci aricchia” [metterci l’orecchio, partecipare] nel senso di dedicarsi con vivo interesse a un’impresa. Questa espressione si riscontra nel poema di Ishtar al Paese senza ritorno e in una cronaca del re Sennacherib [iscrizione che si trova riportata in un sigillo cilindrico ed esposto nel museo di Berlino, in Germania], in cui il re dice: alla restaurazione dei templi degli dèi è posta l’orecchia mia. Altra frase è “acqua ‘e celu” con cui i vecchi marinai indicavano la pioggia. E proprio così veniva chiamata [dalle popolazioni della regione] di Sumer la pioggia, e si scriveva con una stella, che indicava il cielo e quattro trattini verticali, che indicavano le gocce d’acqua [il corsivo è mio].

Tra i vocaboli identificati da Resina, che traggono origine o sono di derivazione sumero-akkadica, i più conosciuti sono: il carrubo che deriva da Kharubu; cazzuola da qat (mano, la cui derivazione nel dialetto siciliano in manicula, cioè piccola mano); cricchimiddu da qimmatu (termine riferito ai capelli della sommità del capo) e marranzano da muzaranu, cioè rana, il cui suono musicale richiama il gracidare delle rane nello stagno, ma anche lo stridere delle zampe dei grilli di palude. Non sono soltanto le terminologie di molte frasi o l’accostamento dei vocaboli con la lingua sumera, nel vasto panorama culturale rientra anche a piena gloria, per usare la terminologia di Resina, la legislazione del diritto.

Noi – dice Resina - ci gloriamo delle leggi delle XII tavole, che Cicerone giudicava più preziose delle biblioteche di tutti i filosofi. Ma ben dodici secoli prima, Babilonia possedeva il codice di Hammurabi e ancora, un secolo prima la città di Isin aveva il codice di Lipit-Ishtar, un altro secolo prima la città di Asnunnak aveva quello di Bilalama, altri centocinquanta anni prima la città di Ur aveva quello di Urnammu e nel 2.400 a.C. erano rinomate le riforme di Urukagina, re di Lagash.

Il riferimento di Resina ai codici e alle riforme legislative riguarda il raffronto che lo studioso fa quando mette in relazione il codice di Hammurabi[1] con quelli romani per cui, secondo il suo emerito giudizio, le XII tavole di Cicerone[2] sono una rivisitazione delle leggi sumeriche, focalizzandole su alcuni punti fondamentali:
   
[…] la condizione della donna rispetto al marito, quella dei figli rispetto al padre e quella degli schiavi rispetto al padrone. Nel campo religioso – prosegue Resina – noi dobbiamo ammirare lo zelo dei Sumeri-Akkadi, che dedicavano gran parte della loro vita al servizio degli dèi in quotidiane funzioni sacre. A loro siamo debitori di alcune concezioni, rimaste salde presso di noi: la divinità concepita con forma e passioni umane, detta poi in Grecia ‘Antropomorfismo’; il genio protettore che assiste l’uomo in ogni circostanza della vita e diviene fra i cattolici l’angelo custode; il ciclo perpetuamente ricorrente della vita e della morte; l’immortalità dell’anima; la possibilità di una resurrezione. Si formò in Mesopotamia la concezione della Mu’Alittu, cioè l’alimentatrice del genere umano, considerata dapprima come mulier fecunda che salva materialmente gli uomini dalla distruzione, mediante la procreazione e divenuta poi nel cristianesimo la Mater Divina Misericordiae, che salva spiritualmente gli uomini dalla dannazione eterna.

Non dobbiamo dimenticare che i Romani costruirono il più importante centro religioso del Medioriente sulle rovine dell’antico sito di Baalbek, in Mesopotamia, i cui resti ancora oggi affascinano turisti e studiosi di tutto il mondo. Ogni riferimento quindi, esposto da Resina, che nello studio della storia dell’Assiriologia non è l’ultimo arrivato, rafforza notevolmente la nostra tesi. La storia però racconta anche che le popolazioni della regione meridionale della Mesopotamia erano di natura bellicosa e la connivenza con altre etnie veniva spesso imposta con l’uso delle armi, mentre i re agivano sotto l’influsso divino; non dobbiamo dimenticare i forti contrasti tra il dio Marduk e Inanna e Ninurta, con la furente guerra che scaturì per il dominio su Babilonia. Sul suolo siciliano nonostante le influenze sumerico-akkadiche, sembra che esistesse una sorta di connivenza pacifica tra le diverse etnie locali, ipotesi sostenuta da molti studiosi, i quali la definiscono accondiscendente ed espressamente legata alla tradizione religiosa, che accomunava tutti i popoli preistorici del bacino del Mediterraneo orientale.

Per saperne di più: "IL TEMPIO PERDUTO DEGLI ANUNNAKI" edizioni Cerchio della Luna, Verona.  





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[1] Il Codice di Hammurabi è una fra le più antiche raccolte di leggi conosciute nella storia dell'umanità. Venne stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi (o Hammu-Rapi), che regnò dal 1792 al 1750 a.C., secondo la cronologia media.
[2] Le leggi delle XII tavole (duodecim tabularum leges) è un corpo di leggi compilato nel 451- 450 a.C. dai decemviri legibus scribundis, contenenti regole di diritto privato e pubblico. Rappresentano una tra le prime codificazioni scritte del diritto romano se si considerano le più antiche mores e lex regia.

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