#Dèi o #alieni?
A volte è conveniente accettare certe verità
emerse dagli studi condotti su particolari teorie alternative, a rigor di
logica, dovrebbero far protendere l’ago della bilancia in favore di queste
nuove congetture, eppure c’è ancora una parte di studiosi, accademici e
ricercatori, che nonostante le evidenze, si ostinano a mantenere le proprie
posizioni. Eppure se il nostro ragionamento è nel giusto, l’unica ipotesi
plausibile, in merito all’improvvisa evoluzione dell’Erectus in Sapiens (vedi
“Il seme della vita #genesi #divina o #aliena?”, edito dalla Xpublishing, Roma, il libro lo trovate nei migliori siti online e nelle librerie dedicate ), è quella secondo la quale gli ominidi
che vagabondavano tra le terre emerse del pianeta, il cui linguaggio era più un grugnito scimmiesco
che un lessico parlato, quando videro che dal cielo scesero delle strane
creature, a bordo di vascelli volanti, l’unico pensiero che i nostri
progenitori furono in grado di elaborare, dopo i primi momenti di smarrimento e
paura, è stato intercalato nella sfera del sovrannaturale.
Gli insegnamenti che ne
derivarono furono altresì, interpretati come doni divini. L’uomo però, era
ancora a uno stadio troppo primitivo perché possa comprendere la natura e gli
effetti che tali incontri avrebbero prodotto nel corso della sua evoluzione, di
conseguenza, una tale situazione, probabilmente, spinse questi viaggiatori
dello spazio ad alterare il delicato equilibrio evolutivo della Terra,
intervenendo sulla genetica di queste scimmie evolute. Perché?
Perché servivano degli
schiavi, o perché volevano testare un loro progetto di genetica? Oppure
volevano semplicemente creare una nuova razza?
L’unico dato certo è quello
secondo il quale tra i tanti insegnamenti, all’uomo, fu istruito come odiare e
uccidere il proprio simile con un unico obiettivo: la bramosia delle ricchezze
e del potere dell’uomo sull’uomo. Non è né accettabile tanto meno logica l’idea
che un Dio, nella sua accezione divina, ami un figlio e odia l’altro, eppure
nell’uomo è stato innestato il seme della discordia, dell’odio e
dell’intolleranza, le cui posizioni, sin dagli inizi della storia conosciuta
post-diluviana, sono sfociate in guerre e genocidi di massa, solo per emulare
un dio che non è, certo, quel Dio creatore, l’Architetto universale da cui tutto
è scaturito.
L’uomo però, non è abituato a pensare o a
sentirsi parte integrante dell’universo, perché sin dalle sue origini gli è
stato insegnato ad amare un “dio” terreno. Una delle domande più frequenti che mi vengono fatte
durante le mie conferenze è: ma Lei crede in Dio?
A volte, per appagare l'ego del mio interlocutore gli
rispondo di sì, ma se dovessi pormi io stesso tale domanda dinanzi ad uno
specchio, il discorso si complica maledettamente, perché ciò che mi è stato
insegnato si sta dimostrando d’essere un metodo condizionatore che nulla a che
vedere con l'essenza spirituale insita in ognuno di noi. Il discorso è molto
controverso e dibattuto in tutte le sedi siano esse accademiche, esegetiche e
teologiche.
Le analisi e i concetti d’interpretazione lasciano
sgomenti persino i ricercatori più lungimiranti, mentre i nuovi modelli
d'indagine stanno scardinando, quanto è stato volutamente nascosto. Le nostre
deboli e fallaci menti si disorientano in tale panorama, diventando facili
prede di quelle nozioni che, anziché aiutarci a diradare la nebbia che offusca
la nostra giusta visione spirituale, ne accentua l'oblio. Se su tale premessa
s’indirizza una lettura distaccata e la più possibile obiettiva, ci si rende
conto che il vasto panorama religioso del pianeta, per quanto lontane nello
spazio e nel tempo, concettualmente è una formula ripetitiva di ciò che è già
accaduto.
Nei paesi orientali, ad esempio, è stato dimostrato
che le storie di dèi incarnati sono identiche a quella più tardiva su Gesù
Cristo, non solo, ma i fatti e i retroscena, sono presenti nella totalità delle
principali religioni pagane dell'antichità; alcune di queste storie narrano di
incarnazioni divine che nel leggerle si ha la sensazione di rileggere la storia
del Salvatore cristiano, persino i
dettagli, in alcuni casi, sono sfacciatamente identici, come nel caso, giusto
per fare un esempio, della leggenda dell'Immacolata Concezione che concepisce
un figlio divino, la cui narrazione la troviamo già descritta nei racconti delle
prime civiltà apparse sul pianeta.
Riflettendo su queste logiche mi ritrovo con più di
venti pretendenti che aspirano o che affermerebbero essere stati investiti
della grazia di Dio, quindi di essere divini. Secondo la storiografia religiosa
o le leggende sacre queste figure, che siano messia, salvatori o figli di Dio,
sarebbero scese dal cielo avendo sembianze umane, o si sarebbero incarnate in
un corpo, mostrando in egual tempo prove incontestabili della loro origine
divina compiendo miracoli, prodigi, dimostrando, di conseguenza, di possedere
virtù eccezionali.
A questo punto ci domandiamo a quale Gesù dobbiamo
credere: l'Indostano Krishna,
l'Indiano Buddha, il Salivahana delle isole Bermuda, gli
egizi Zulis, o Zulhe, o anche Osiride e Horus, lo scandinavo Odino, il caldeo Crite, il persiano Zoroastro,
i fenici Baal e Taut, il tibetano Indra,
l'afgano Bali, il nepalese Jao, il Bilingonese Wittoba, il siriano Thammuz,
il frigio Arys, il tracio Xamolxis, Zoar dei Bonzi, l'assiro Adad,
i siamesi Deva Tat e Sammonocadam, il
tebano Alcide, Mikado dei Sintoos, il giapponese Beddru, Hesus o Eros e Bremrillah dei Druidi, il
gallico Thor, figlio di Odino, il
greco Cadmo, Hil e Feta dei Mandaiti, i messicani Quetzalcóatl e Gentaut, il re universale delle Sibille, Ischy dell'isola di Formosa, il maestro
divino di Platone, il santo di Xaca,
i cinesi Fohi e Tien, Adone, figlio della vergine greca Lo, i
romani Issione e Quirino, Prometeo del Caucaso e non certo per
ultimo l'arabo Maometto, poiché ogni
cultura ne aveva uno che aspirava o aveva posto le basi per la salvezza del
mondo, per poi ascendere al cielo?
Pertanto, pur accettando le
versioni fornite dagli storici, nel nostro caso, i dubbi e le incongruenze
filologiche sugli idiomi siciliani sono palesemente evidenti, come vedremo più
avanti. E non sono gli unici indizi. Un’altra traccia chiara ed evidente la
troviamo nel vessillo della città di Paternò, nella provincia di Catania, la
cui leggenda vuole che il Gran Conte Ruggero,1 dopo l’apparizione e
il salvataggio di un infante sotto le mura del castello normanno compiuto da
due mitici serpenti alati, ordinò, all’araldo di corte, di ridisegnare il
vessillo della città, facendo apporre due serpenti alati aggrappati ai lati del
torrione.
Un tale simbolismo, nella nuova visione della realtà della genesi
umana, è un chiaro riferimento ad antiche divinità sumere, nel nostro caso a
uno dei figli del dio E.A./En.Ki,3 Ningishizidda,
il quale molto spesso è raffigurato con il caduceo, un bastone intorno
al quale si intrecciano due serpenti, che a sua volta è la rappresentazione
stilizzata del Dna umano.
E poi, ancora, il nome che
le popolazioni isolane diedero ai monti a nord-ovest dell’Etna, cioè i monti
Nebrodi, anche in questo caso la traslitterazione del nome è riconducibile alla
radice sumerica legata al titolo-epiteto del dio Nabu “Il portavoce”, ”Colui che parla”, figlio che Marduk ebbe
dalla moglie terrestre Sarpanit. Per i Sumeri egli era En.sag/En.shag, cioè
“Signore Supremo”, in seguito venne modificato in Nabu, per il ruolo che svolse
per suo padre, nel tentativo di fare proseliti tra gli umani. In un testo
sumero si afferma che Enki, nonno di Ensag, raggiunse un accordo con Ninharsag
(custode della quarta regione, neutrale, il Sinai), per nominare En.shag
“Signore di Tilmun” ("terra dei missili”), la regione del Sinai in cui era
ubicato il Porto spaziale (“Le Cronache Terrestri rivelate”, Z. Sitchin, ed.
Piemme, 2012, Mi, pag. 93).
Per quanto riguarda l’etimo
del nome “Nebrodi” i numerosi dizionari etimologici non forniscono nessuna
definizione, l’unico termine che si accosti a tale idioma è nebride [nè-bri-de] s.f. (pl. -di). Tuttavia su antiche raffigurazioni, di natura mitologica, tale
idioma è riferito a un particolare accessorio realizzato con pelle di
cerbiatto, capra, daino o pantera, che alcune divinità del pantheon ellenico
tra cui Bacco e il suo seguito,
portavano a tracolla o cinto alla vita. A questo punto facendo le dovute
connessioni, affiancate dal contesto esoterico e quello filologico, si può
plausibilmente ipotizzare la presenza di antiche divinità sumere nei territori
del versante meridionale del vulcano etneo ed è altresì probabile che a
governare tali insediamenti fu posto un dio che, a seguito della distruttiva
guerra, avvenuta durante il II millennio AC, nei territori mediorientali, tra
le fazioni Enlelite ed Enkite, che si concluse con la disfatta degli Enkiti, fu
nominato un nuovo comandante divino nell’isola siciliano, che in seguito fu
conosciuto con il nome di Adranòs.
una riproduzione assira del dio Nabu (Anunnaki) |
Non tutto però è andato
perduto nella storia antica dei culti religiosi siciliani, che nonostante le
severe imposizioni legislative, oggi, la storia delle comunità pre-elleniche e
degli antichi culti, può essere letta nelle narrazioni mitologiche, di
conseguenza la storia del dio Adranòs, una potente divinità del fuoco e
dell’acqua, di cui ne abbiamo parlato abbondantemente nel “Il tempio perduto
degli Anunnaki” (il libro lo trovate nei migliori siti online e nelle librerie dedicate), del 2013, s’impose sulle comunità del versante meridionale
dell’Etna, durante il II millennio AC, divenendo la massima espressione
religiosa tra le comunità dell’isola siciliana.
Tale ipotesi è avvalorata
dallo stesso idioma, infatti, il nome Adranòs è riconducibile alla radice
sumerica che lo associa ad Adar o Adaz, che secondo le cronache semitiche, era
il dio della guerra, legato alla stirpe Enlelita. Ed è grazie a queste antiche
testimonianze che oggi, mi hanno
permesso di effettuare uno studio comparato e parallelo in contrapposizione a
quello imposto dai canoni ufficiali, servendomi di metodologie innovative, che
trasbordano i normali processi d’indagine imposti dall’osservanza scientifica,
il cui scenario storico s’incastra fedelmente nella storia evolutiva delle
civiltà che hanno segnato l’evoluzione umana su questo pianeta. Ma dobbiamo
attendere la mia prossima pubblicazione, per conoscere tutti i dettagli di
questo studio.
Angelo
Virgillito
Copyrighit Gennaio 2020