lL'ASTRONAVE DI MANU
L’astro-nave di Manu
C’è un brano molto indicativo
nei versi del Mahabaratha, uno dei
testi vedici, che a proposito del Diluvio racconta la stessa catastrofe
cristiana descritta nella Bibbia, nei cui versi troviamo scritto che il dio Vishnu avverte Manu, il Noè dei popoli dell’India, dell’imminente cataclisma che a
breve si sarebbe abbattuto sulla Terra, la cui traduzione recita:
“Il settimo giorno dopo questo i tre mondi
affonderanno nell’oceano della dissoluzione. Quando l’universo sarà dissolto in
quell’oceano, una grossa nave, che io invierò, verrà a te. Portandoti dietro le
piante e i vari semi, circondato dai Sette Sapienti … tu ti imbarcherai sulla
grande nave e ti muoverai senza timore al di sopra di quel buio oceano …”
L’allusione è chiara Visnhu, il dio creatore, avverte Manu, che una grande “astronave” verrà a
soccorrerlo per salvare il salvabile, cioè i sette dèi presenti in quel momento
sulla Terra, lui stesso e le sementi, i cui semi serviranno per ripristinare le
colture agricole, che in seguito avrebbero sfamato le nuove generazioni di
umani e di dèi. Ciò che è evidente in questo brano è la frase finale: “ … sopra
di quel buio oceano …” e non “sul quel buio oceano”, di conseguenza, la nave,
avrebbe veleggiato non sopra la superficie oceanica, ma nello spazio (buio
oceano = universo). A questo punto è logico ipotizzare che si tratta di una
nave “volante”, quindi un’astronave, plausibilmente uno dei tanti Vimana, descritti minuziosamente nei
testi indiani. Un brano molto controverso che apre un nuovo dibattito sul
significato e sulle traduzioni dell’intero corpo dei testi Vedici. Il
sanscrito, la lingua con cui sono stati scritti i primi testi vedici, dagli studi compiuti su questi antichi documenti, sappiamo che è una lingua molto antica da cui
si sono sviluppate la maggior parte delle lingue orientali. Infatti, la forma vedica del sanscrito è un antico linguaggio discendente del
proto-indoiranico ed è relativamente simile all'antica lingua indoeuropea. Il sanscrito vedico dunque, secondo le ultime teorie accademiche è la
più antica lingua attestata delle lingue indoiraniche (o “indoarie”) facente parte della famiglia delle lingue
indoeuropee. Inoltre è anche imparentato con l'avestico, la più antica lingua
conservata delle lingue iraniche, ciò non di meno non tutti gli studiosi
concordano con le traduzioni compiute.
Molti brani vedici, se
confrontati con altri testi religiosi, ad esempio, manifestano molte affinità
con il Libro dei Morti degli antichi
egizi e in particolare con i testi su Osiride.
Tuttavia, il più autorevole esperto in materia John Mitchiner, rileva l’esistenza di una connessione fondamentale
nel pensiero indiano fra i Sapienti e le origini dei Veda:
“I sette Rsi (Sapienti) sono … frequentemente
descritti come coloro che li composero, [perché] sono i più competenti,
[perché] hanno una conoscenza suprema dei Veda …”.
Chi sono questi Sette
Sapienti che Vishnu vuole salvare? I
Veda non lo dicono con chiarezza, di conseguenza sulla loro natura si sono
formulate numerose ipotesi. Alcuni ricercatori ipotizzano che essi erano un
gruppo di sacerdoti che, scampati alla distruzione della loro civiltà evoluta,
si sparpagliarono per il pianeta, per diffondere l’antica conoscenza ai
superstiti del genere umano. Altri invece li identificano come dèi. Dal mio
punto di vista possono benissimo essere gli stessi Saggi che il dio sumero Enki
inviava quotidianamente sulla terraferma per insegnare alle comunità primitive
i primi rudimenti della conoscenza. Oppure possono benissimo essere
identificati agli Oannes, creature
dal duplice aspetto di pesce e di uomini, descritti da Berosso. D'altronde anche nel racconto vedico del Diluvio si parla
di un pesce, che soltanto alla fine rivelò la sua vera identità. Oppure,
ancora, potevano essere delle divinità inferiori al seguito di Inanna, colei
che diede vita alla civiltà dell’Indo, secondo i racconti semitici.
Il dio Vishnu in una delle tante raffigurazioni indiane. |
Se erano dèi a quale pantheon
divino appartenevano? Nei Veda sono descritti numerosi dèi che di tanto in
tanto si davano battaglia, proprio come facevano gli dèi sumeri, o come fecero
gli dèi egizi Seth e Horus, il figlio di Osiride che per rivendicare il trono,
che gli spettava di diritto, sfidò suo zio Seth in una cruenta battaglia.
Tuttavia nei testi semitici troviamo scritto che fu la dea Inanna a creare la civiltà nella Valle dell’Indo. Lei era la dea dell’Amore, che in seguito, dopo la
morte accidentale di suo marito Dumuzi,
causata dal fratello Marduk, figlio
di Enki, divenne la dea della guerra.
Sappiamo anche che, molto spesso, i nomi e gli epiteti degli antichi dèi si
accavallano, creando delle serie difficoltà interpretative agli studiosi
moderni, una condizione dovuta alla particolare posizione gerarchica nella
scala divina dei nomi. Ad esempio gli dèi del pantheon divino dei sumeri, come Adad, Inanna, Enlil, Ninurta, An, Ninurshag e altri, avevano una quantità di nomi il cui numero andava da un minimo di 10 a un massimo di cinquanta nomi, ad esempio il dio Enki, per il posto che occupava nella gerarchia divina, aveva solo quaranta nomi, mentre Enlil, erede al trono di Nibiru e fratellastro di Enki, ne aveva 50. Nel panorama
indiano, invece, si è stimato che il pantheon religioso avesse migliaia di
divinità o dèi con migliaia di nomi, ma questi solo per citare quelli
concernenti il pantheon sumerico e Indù, ma lo stesso esempio lo possiamo
riportare per tutti gli altri pantheon divini, da quello egizio a quello
riportato nei testi biblici della Chiesa delle origini, che ancora oggi, è il
nocciolo delle discussioni, tra l’altro accesissime, tra gli accademici e gli
esegeti di tutto il mondo.
Per quanto antichi siano tali
testi, dunque, la loro composizione è pressoché impossibile da datare. Eppure
le allusioni disseminate in tutti gli antichi testi sanscriti fanno sorgere
notevoli dubbi. Lo stesso Gesù,
raccontano antiche cronache indiane, all’età di tredici anni abbandonò i suoi
genitori (Giuseppe e Maria) per
unirsi a una carovana diretta a Oriente. Scelse di vivere in Kashimir, dove vi rimase fino al
compimento del ventinovesimo anno di età. Nulla si sa di veramente concreto di
cosa fece o in quale villaggio o tempio visse Gesù.
Esistono molti testi indiani, tuttavia, che annoverano la sua
presenza tra gli antichi templi induisti, sparsi sulle montagne del Kashimir, ed è ipotizzabile, a questo
punto, che abbia attinto molte delle sue interpretazioni proprio dagli antichi
testi vedici. Un altro simbolismo, che collega i testi vedici con i testi della
Chiesa delle origini, lo ritroviamo
proprio nella figura stilizzata del pesce.
E non finisce qui …
Tratto dalle ultime ricerche di Angelo Virgillito e riportate nel libro "IL CORRIDOIO AEREO DEGLI ANTICHI DEI", prossimo alle stampe. Il testo è coperto da COPYRIGHT e nessuna parte può essere riprodotta senza l'autorizzazione scritta dell'autore.
Nessun commento:
Posta un commento