martedì 18 luglio 2017
KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LE ORIGINI DELLE PRIME COMUNITA' SICILIANE!
KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: LE ORIGINI DELLE PRIME COMUNITA' SICILIANE!: Quello che segue è una prima bozza di uno dei primi capitoli del mio ultimo libro (ancora in fase di stesura) dal titolo: "KATAN - L&...
KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: 'U zu Carmelu e gli #UFO !
KA TAN LA TERRA DEGLI ANTICHI DEI/ANUNNAKI: 'U zu Carmelu e gli #UFO !: Dal romanzo di Angelo Virgillito, dal titolo "Il Custode": Ammantato da quell’immagine e sovrastato da mille pensieri non s...
'U zu Carmelu e gli #UFO !
Dal romanzo di Angelo Virgillito, dal titolo "Il Custode":
Ammantato da quell’immagine e sovrastato da mille pensieri non si accorse
che nel frattempo al suo fianco era giunto u zu Carmelu, membro del Consiglio
degli anziani, che intuì la confusione mentale di Alfredo e, dopo qualche
minuto: Alfredo! Esclamò l’anziano signore. Alfredo ebbe un sussulto e nel
girarsi quasi cadeva. U zu Carmelu lo afferrò per un braccio e sorridendo
disse: hei, mica sono il diavolo! Alfredo si giustificò dicendo che era
soprapensiero e che non si era accorto dell’amico. Dopo i soliti convenevoli u
zu Carmelu[1],
con tono serio disse: ti voglio recitare una mia poesia, che scrissi in
dialetto molto tempo fa, dal titolo un po’ bizzarro: “Ufo”
ANSU Italia - Questa immagine proviene dal sito: http://www.ansuitalia.it/Portale/articoli/40-avvistamenti/839-ufo-sullo-stretto-di-messina-il-15-agosto-2013.html |
Si parra sempre di strani avvistamenti,
di strani uggetti, di dischi vulanti.
Dicinu puru certi cristiani,
che hanu parrato ccu li marziani.
(trad. Ita. – Si parla sempre di strani
avvistamenti,
di strani oggetti, di dischi volanti.
Molte persone dicono pure,
che hanno parlato con i marziani.)
Sti uggetti catanti hanu
avvistatu,
corcuno l’ha macari futugrafatu.
Tanti finomini cisù da virificari,
e nuddu si li sapi spiegari.
(trad.
Ita. - Questi oggetti che in tanti hanno avvistato,
qualcuno
li ha pure fotografati.
Tanti
fenomeni ci sono da verificare,
e
nessuno li sa spiegare.)
Ma li misteri cchiù stupefacenti,
ca s’hanu vistu macari di ricenti
sunu ddi cerchi d’accussi pirfetti
ca parinu addisignati d’architetti.
(trad. Ita - Ma i misteri più
stupefacenti,
che sono stati avvistati anche di
recente,
sono quei cerchi di acciaio perfetti,
che sembrano disegnati da architetti.)
Tanti cristiani hanu cuntatu,
cca cu l’ixtraterrestri hanu
parratu.
E, internos, s’hanu fattu
cunfidari,
ca è na vita ca ni venunu a visitari.
(trad.
Ita - Tante persone hanno raccontato,
che
con gli extraterrestri hanno parlato,
e in
segreto ci hanno anche confidato,
che
da sempre visitano la terra.)
Ma ogni vota ca hanu attirratu,
spaventati si n’hanu turnatu.
Pinsavinu ca avissimu migliuratu,
inveci cchiù brutturi hanu truvatu.
(trad. Ita - Ma ogni volta che sono
atterrati,
spaventati se ne sono andati.
Pensavano che ci fossimo evoluti,
invece più brutture hanno trovato.)
Hanu vistu guerri continuamenti,
stragi di poviri ‘nnuccenti.
Di guvirnanti latri e fitenti,
di cu pussedi tuttu e di autri
nenti.
(trad.
Ita. - Hanno visto continue guerre e
stragi
di tanti poveri innocenti.
Di
governanti ladri e puzzolenti,
e di chi
possiede tutto e altri niente!)
Hanu scupertu, allarmati e imputenti,
li malatii e la miseria di certi continenti.
Unni li picciriddi mangiari nun’hannu nenti,
e murinu a mighiara giurnalmenti.
(trad. Ita. - Hanno scoperto, allarmati
e impotenti,
molti malati e la miseria in certi
continenti.
Dove i bambini non hanno nulla da
mangiare,
e a migliaia muoiono giornalmente.)
Dissuru: lu pianeta Terra è
veramenti bellu,
picchì l’umani cumminati stu
macellu?
Nuatri ci turnassimu festanti e
lesti,
a pattu però, ca vi cunsassivu li
testi!
(trad. Ita. - Hanno detto che il pianeta terra
è veramente bello,
perché
gli umani hanno combinato questo macello?
Noi
verremmo volentieri, in allegria e festosità,
a
patto pero’ che cambiaste atteggiamento!)
Si canciati rigistru, nun sulu turnamu,
ma ‘nta li nostri pianeti vi invitamu.
La nostra amicizia tutta vi la damu,
ma attualmente, di vuatri ni scandamu.
(trad. Ita. - Se cambiate sistema di
vita, non soltanto torniamo,
ma sui nostri pianeti vi inviteremmo,
la nostra amicizia sarà incondizionata,
ma al momento di voi abbiamo paura.
Copyright Angelo Virgillito
[1]
Nello Sciuto, poeta dialettale
siciliano, autore dell’omonima poesia “Ufo”.
sabato 15 luglio 2017
LE ORIGINI DELLE PRIME COMUNITA' SICILIANE!
Quello che segue è una prima bozza di uno dei primi capitoli del mio ultimo libro (ancora in fase di stesura) dal titolo: "KATAN - L'EDEN ETNEO DEGLI ANUNNAKI!"
[...] Sappiamo, dai ritrovamenti
archeologici, che l’uomo preistorico era in continuo movimento. Lo studio su questi
preziosi reperti anatomici ha permesso ai moderni antropologi di tracciare una
mappa più o meno accurata dei suoi spostamenti. Dall’Africa, culla della sua
prima comparsa, l’uomo, ha colonizzato tutte le terre emerse, seguendo un particolare
percorso. In molti casi si è spinto così lontano da isolarsi dal resto delle
altre comunità, perdendo ogni contatto, gli usi e i costumi, e creandone di
nuovi. Eppure c’è un simbolo che rileva la stessa origine umana: la spirale
aurea. Un simbolo esplicitamente esoterico, la cui alchimia risale alle origini
stesse dell’uomo.
È pur vero che le lingue parlate nelle loro complesse
strutture semantiche sono riconducibili a due ceppi specifici: il semitico e
l’indoeuropeo, com’è vero che ancora oggi esistono stralci proto-linguistici
che gli studiosi non sono stati in grado di decifrare, come gli ideogrammi,
incisi su alcune pietre calcaree, riconducibili al popolo della ceramica a solchi. Per quanto la storia
di questa comunità sia avvolta nel mistero, alcune prove dimostrano una stretta
correlazione sociologica con tutte gli altri gruppi umani presenti nell’area
Euro-asiatica. Una tra le tante è il metodo di sepoltura utilizzato dal popolo
della ceramica a solchi, durante l’età del bronzo, da tutti i popoli
euro-asiatici: Campi d’Urne. La cultura
dei campi di urne è una cultura della tarda età del bronzo (XIII - metà dell'VIII secolo a.C.),
sviluppatasi nell'Europa centrale e diffusasi in tutti i territori europei,
compresa la Sicilia, dove scavi archeologici ne attestano la presenza nel tardo
età del bronzo. Questa cultura seguì quella dei tumuli (media età del bronzo) e precedette la cultura di Hallstatt (età del ferro).[1]
In seguito fu definita dallo studioso di preistoria Ernst
Wagner, che individuò simili caratteristiche presenti in diverse culture regionali
contemporanee, per altri versi piuttosto differenziate. La caratteristica
principale, dalla quale la cultura prese il nome, venne individuata
nell'introduzione del rito funerario della cremazione, al posto della
precedente inumazione e dalla sepoltura dei resti
cremati in urne. Probabilmente l'introduzione e la diffusione progressiva di
nuove credenze religiose comportarono un cambiamento degli usi funerari.
Un tipico tumulo |
La varietà dei gruppi regionali
appartenenti a questa cultura permette di escludere la presenza di
un'uniformità etnica. Marija Gimbutas collegava i diversi gruppi regionali
centroeuropei ad altrettante proto-popolazioni: proto-Celti, proto-Italici,
Veneti, proto-Illiri e proto-Frigi (nonché proto-Traci e proto-Dori), che si stabiliranno
successivamente, attraverso delle migrazioni, nelle loro sedi storiche. Questa
migrazione (contestata da alcuni) avvenne durante il periodo denominato
collasso dell’età del bronzo e fu forse
propiziata da cambiamenti climatici. Molte comunità di contadini-allevatori,
supportate da capi-guerrieri, introdussero in varie regioni dell'Ovest e del
Sud Europa il nuovo rito della cremazione, nuovi stili ceramici e la diffusione
di oggetti metallici in larga scala nonché una nuova religione e le lingue
indoeuropee.
Le testimonianze che
supportano la diffusione della medesima sintamantica linguistica e le strette
connessioni culturali che hanno legato tutte le popolazioni europee, anche se
la maggioranza degli studiosi sono in netto disaccordo, sono emerse dal
rinvenimento di alcune tavolette. Il rinvenimento di tali tavolette, in seguito denominate come le Tavolette di Tartaria,[2] dalla località presso Turdas,[3] in Transilvania, furono
rinvenute, sulle quali gli archeologi trovarono delle incisioni. Tali reperti
di graffite argillosa, inizialmente furono datate intorno al 4.000 a.C., i cui
simboli raffigurati furono simili a quelle rinvenute nelle pietre megalitiche
nei vari henges[4] inglesi. La disputa accademica
che ne scaturì ancora oggi è accesissima. Nel 1962 l’archeologo Sinclair Hood, direttore della British School of Archaeology di Atene,
scrisse un articolo, parte del quale è stato riportato da due ricercatori internazionali,
Christopher Knight e Robert Lomas, i
quali, nel loro libro La civiltà
scomparsa di Uriel,[5] hanno scritto:
I segni riportati sulle tavolette di Tartaria,
soprattutto quelli sul disco n.2, sono così affini a quelli delle più antiche
tavolette di Uruk … da farci ritenere quasi con certezza che esista una
relazione fra i due tipi. Molti sembrano derivare dai segni usati in ambito
mesopotamico per indicare i numerali. La sola differenza è che sulle tavolette
mesopotamiche, per i numerali l’intera forma del segno fu impressa
nell’argilla, usando uno stilo a punta arrotondata, mentre a Tartaria era
tracciato soltanto il contorno del segno corrispondente.
Inoltre,
Nicolae Vlassa, l’illustre archeologo
rumeno, dopo il recupero di circa sessantadue reperti, i primi di una lunga
serie, avvenuto nel 1961, nei pressi del distretto di Alba, oggi ricadente nel
comune di Sălistea in Romania, regione storica della Transilvania, aggiunse che
alcuni segni delle tavolette di Tartaria somigliano anche a quelli ritrovati
nelle iscrizioni minoiche rinvenute nell’isola di Creta. Per la serie: non
facciamoci mancare nulla, i due ricercatori, Knight e Lomas, come se il
panorama non è abbastanza complicato, aggiungono che
esiste un’altra possibilità: i due popoli potrebbero
avere ereditato una terza tradizione, comune a entrambi. In effetti, abbiamo
trovato prove documentali a sostegno dell’ipotesi che sia i sumeri sia i popoli
megalitici d’Europa abbiano subito l’influenza di una fonte comune e anteriore
di registrazione simbolica. La “Tavola di Gradesnica”, trovata a Vratsa, nella
Transilvania, presenta a sua volta distinte analogie con le iscrizioni
megalitiche e i caratteri simbolici elamiti, e risale a un’epoca fra i 6000 e i
7000 anni fa. Un sigillo di 5500 anni fa, trovato a Karanovo, reca incisioni
analoghe sia nei segni sia nella scrittura sumerica. Rudgley riassume bene la situazione:
l’idea di poter attribuire all’Europa, anziché all’Asia, l’invenzione della
scrittura, per la maggioranza degli studiosi è troppo strampalata perché sia
accolta. Una volta accettata la nuova cronologia stabilita con il metodo del
radiocarbonio, restava soltanto una spiegazione possibile: giacché le tavolette
di Tartaria erano antecedenti rispetto alla scrittura sumera, di conseguenza
non poteva essere una vera forma di scrittura, e la loro apparente somiglianza
diventava una semplice coincidenza. Da quando le cose hanno preso questa piega
… il sistema di Vinca è caduto in un relativo oblio, almeno per quanto riguarda
l’impostazione teorica prevalente presso gli archeologi.
Se la datazione al
radio-carbonio pone le tavolette di Tartaria,
le quali recano incisi dei simboli che sono state
oggetto di notevoli controversie tra gli archeologi, alcuni dei quali
sostengono che trattasi della prima forma conosciuta di scrittura al mondo e fatta risalire intorno
al 5.500 a.C., quindi antecedenti alla comparsa della civiltà sumera e, se essa
rappresenta o ritrarrebbe, la più antica scrittura apparsa sul pianeta, potrebbero
queste incisioni avere delle correlazioni con il sito di Göbekli Tepe,[6] situato a circa 18 km a nordest dalla città di
Sanliurfa, nell’odierna Turchia, presso il confine con la Siria e datato
intorno al 9.000 a.C.?
Il sito di Göbekli Tepe sarebbe stato abitato fino
all'8.000 a.C., in seguito, per cause ancora sconosciute, fu deliberatamente
abbandonato e volontariamente seppellito con terra portata dall'uomo. Perché? Chi
era questa comunità che realizzò con tale maestria il complesso archeologico di
Göbekli Tepe, per poi abbandonarlo?
Le comunità della“cultura di Vinča” potrebbero essere i discendenti di
quella società che nei millenni successivi si è dispersa lungo tutto l’arco dei
Balcani, in particolare in Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria orientale,
Moldavia e Ucraina meridionale?
Ed è qui che le difficoltà
crescono a dismisura. Si cerca di interpretare non tanto gli scritti ma ciò che
gli stessi celano, nel tentativo che qualche indizio emerga da tali
ragionamenti. Con mio stupore però, navigando in rete, m’imbatto in “studiosi”
dell’ultima ora che hanno la presunzione di conoscere la “verità” o di saper
interpretare queste forme arcaiche di scritture. Una tale arroganza e
presunzione, è rafforzata dal sostegno di tutti quei seguaci che, ammagliati e
abbindolati, li incoraggiano. È vero che viviamo in quella parte del mondo,
dove ci consideriamo liberi d’esprimere i nostri pensieri, le nostre idee, ma
qui abbiamo superato il confine stesso della degenza scientifica, empirica e
accademica, che è richiesto a un ricercatore serio.
Indagare, dunque, sulla
storia del nostro passato è un compito arduo e frustrante, anche se, a volte,
una piccolissima traccia o indizio, appaga gli sforzi condotti con estrema
caparbietà e determinazione. Lo stesso pensiero lo possiamo far fluire nella
nostra personale inchiesta e su ciò che accadde nel periodo che precedette la
grecizzazione della Sicilia. A questo punto possiamo affermare che tra le
culture Vinča,[7] mediorientale prima e tutte quelle che
si svilupparono in seguito nell’area euro-asiatica, sono strettamente connesse
da una continuità temporale che potrebbe interfacciarsi con i flussi migratori
prima e di conquista in seguito, per confermare l’origine delle prime comunità
che si insediarono in Sicilia. Quelle stesse comunità che nel V millennio a.C.
improvvisamente migrarono in direzione del sorgere del sole, senza un motivo
apparente, per poi stanziarsi inizialmente sull’isola di Malta, dove
realizzarono delle magnifiche strutture architettoniche, in seguito molti
gruppi familiari si sparsero nell’area balcanica. Fecero ritorno nella terra
dei loro padri?
Rispondere, allo stato
attuale delle nostre conoscenze, è un’impresa difficile, per la mancanza di
riferimenti storici e dalla scarsità di reperti archeologici, molti dei quali
ancora oggi sono difficili da interpretare. Il compito diventa quasi
ineseguibile quando proviamo ad analizzare la storicità di casa nostra, di quei
territori a ridosso dell’Etna. [...]
Copyright © Angelo Virgillito
[1]La cultura di Hallstatt è
stata una cultura dell'Europa
centrale dell'età del bronzo e degli inizi dell'età del ferro.
Prende il nome dalla cittadina di Hallstatt, nei pressi di Salisburgo (Salzkammergut), nei dintorni del
quale è stato trovato il sito principale attribuito a tale cultura. Nel 1846
Johann Georg Ramsauer, direttore delle locali miniere, scoprì una grande
necropoli preistorica risalente al I millennio a.C. Gli scavi proseguirono nella seconda
metà del XIX secolo, fino al 1876, ad opera dall'Accademia delle scienze di
Vienna, portando alla scoperta di oltre mille tombe con una ricca suppellettile
funeraria. Gli oggetti si erano conservati particolarmente bene a causa della
salinità del suolo.
[2] Le tavolette di Tǎrtǎria sono tre reperti archeologici rinvenuti a Salistea, in Romania. Esse
recano incisi dei simboli che sono stati oggetto di notevoli controversie tra
gli archeologi, alcuni dei quali sostengono essere trattarsi della prima forma
conosciuta di scrittura al mondo.
Le
tavolette sono generalmente associate alla Cultura di Vinca, che all'epoca
della scoperta era ritenuta dagli archeologi rumeni e serbi risalente al 2.700
a.C. Vlassa interpretò la tavoletta senza foro come una scena di caccia e le
altre due come testimoni di una
scrittura primitiva simile ai primi simboli utilizzati dai Sumeri. La scoperta
suscitò un grande interesse nel mondo archeologico poiché i segni erano precedenti
alla Lineare A, la prima scrittura minoica, la più antica conosciuta in Europa.
È stato suggerito da alcuni che i simboli indichino una sorta di collegamento
tra l'Europa sud-orientale e i Sumeri. Tuttavia, le successive datazioni al
radiocarbonio su i reperti di Tărtăria hanno retrodatato gli oggetti al 5.500
a.C. (e quindi tutta la cultura di Vinča era più antica), lo stesso periodo dei
primi insediamenti a Eridu (quest’affermazione,
comunque, non è da tutti accettata per evidenti contraddizioni nella
stratigrafia del sito). Se i simboli fossero, di fatto, una forma di scrittura,
questa sarebbe notevolmente anteriore alla più antica scrittura sumera o
egizia, divenendo, di fatto, la più antica conosciuta al mondo. Tale
affermazione è tuttavia molto controversa.
[3] Turdaș è un comune della Romania,
ubicato nel distretto di Hunedoara, nella regione storica della Transilvania.
[4] Un henge è una struttura architettonica
preistorica. La forma è quasi circolare o ovale disposta su un'area
pianeggiante di circa 100 metri di
diametro racchiusa e delimitata da una struttura in terra (earthwork) di
confine che di solito comprende un fossato con un tumulo esterno. La struttura
permette l'accesso all'interno tramite una, due o quattro entrate. Gli elementi
interni possono includere messa in opera di portali, cerchi di pietre, recinti
fatti con blocchi eretti in lunghezza (post rings), cerchi di pietre,
disposizione di quattro pietre (four-stone settings), monoliti, blocchi dritti (standing
posts), fosse (pits), gruppo
di pietre erette (coves), allineamenti di pilastri (post alignments), allineamenti di pietre, sepolture,
cumuli centrali (centralmounds), e buche per pali (stakeholes).
Si ritiene che le henges avessero uno scopo rituale, piuttosto che difensivo.
[6] Göbekli Tepe (collina tondeggiante in turco, Portasar
in armeno, Girê Navokê in curdo) è un sito archeologico, situato a circa
18 km a nordest dalla città di Sanliurfa nell'odierna Turchia,
presso il confine con la Siria, risalente all'inizio del Neolitico, (Neolitico
preceramico A) o alla fine del
Mesolitico. Vi è stato trovato il più antico esempio di tempio in pietra: iniziato
attorno al 9500 a.C., la sua erezione
dovette interessare centinaia di uomini nell'arco di tre o cinque secoli. Le
più antiche testimonianze architettoniche note in precedenza erano le ziqqurat sumere, datate 5000
anni più tardi. Intorno all'8000 a.C. il sito fu
deliberatamente abbandonato e volontariamente seppellito con terra portata
dall'uomo. Göbekli Tepe è costituita da una collina artificiale alta circa 15 m
e con un diametro di circa 300 m,
situata sul punto più alto di un'elevazione di forma allungata, che domina la
regione circostante, tra la catena dei Monti Tauro e il Karaca Dağ e la valle, dove si trova la
città di Harran. Il sito utilizzato dall'uomo avrebbe avuto un'estensione da
300 a 500 m².
[7] La cultura di Vinča fu una cultura
preistorica che si sviluppò nella penisola Balcanica tra il VI e il III
millennio a.C. Nel VI millennio a.C. questa cultura occupava una zona
delimitata dai Carpazi a nord, dalla Bosnia a ovest, dalla
pianura di Sofia a est e dalla valle
di Skopje a sud. La cultura
toccò il corso del Danubio, nelle attuali Serbia, Romania, Bulgaria, Macedonia
e Kosovo. Gli insediamenti appartenenti alla
cultura di Starcevo, rinvenuti negli strati più profondi e antichi di Vinča,
erano composti da capanne di fango in cui le persone vivevano e dove
venivano sepolte dopo la loro morte. Durante il periodo Vinča, le case erano
divenute più complesse, con diverse camere separate da divisori realizzati in
legno rivestito
di fango. Queste abitazioni erano rivolte verso nord-est e sud-ovest ed erano
separate da strade. Gli studi suggeriscono un'avanzata organizzazione e
divisione del lavoro. Le case avevano stufe e cavità, appositamente scavate,
per i rifiuti e i morti venivano sepolti in apposite necropoli. Le persone
dormivano su stuoie di lana e
pellicce e
utilizzavano abiti di lana, di lino e
di pelle. La datazione preliminare di un forno di fusione per il rame a Pločnik sembrerebbe risalire al 5500
a.C. e indicherebbe dunque un inizio in Europa dell'età del rame almeno 500 anni prima di quello che si
riteneva. Il forno presenta inoltre una costruzione molto avanzata, con fori di
ventilazione che permettevano di alimentare il fuoco e un camino per
l'espulsione dei fumi lontano dai lavoratori. Questo tipo di struttura è un unicum,
poiché gli altri forni utilizzato per l'estrazione del rame in altri siti non
appartenenti a questa cultura, erano generalmente più primitivi.
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