sabato 21 ottobre 2017

#SICILIA TERRA #ENKITA O #ENLELITA ?

In tutti questi anni ho imparato che la ricerca sulle origini dell’uomo è un’avventura continua, durante la quale non sempre ciò che appare è. Quando pensi di aver raggiunto una meta, ti rendi conto, volgendo lo sguardo sull’orizzonte, che abbiamo percorso appena una decina di metri, nel lungo cammino a ritroso nella storia, eppure si avverte già il peso delle centinaia d’informazioni, di segnali e tracce, giunte confusamente da ogni dove, che offuscano sempre più la via da percorrere per raggiungere la meta definitiva. Purtroppo la storia umana è stata talmente alterata che quella sottile linea di confine, che separava la verità dalla menzogna, è stata cancellata totalmente. Oggi, è difficile riuscire a interpretare anche una singola traccia storica, archeologica, antropologica sulla natura umana, perché alla stessa genesi di tale traccia è stata cancellata la sua stessa natura e identità. Lo stesso è accaduto più volte, nel corso della mia indagine, come nel tentativo di risalire alla divinità primeva siciliana. Quando pensavo di esserci riuscito ecco che emergono nuove indicazioni che azzerano tutto il costrutto fino a quel momento sviluppato. Ho supposto che il dio Adranòs, ritenuta dagli storici una divinità autoctona siciliana in realtà era la sovrapposizione dell’epiteto di un dio ancora più antico e di origini semitiche. Oggi però, alla luce delle nuove informazioni che ho acquisito ho dovuto rivedere l’intera ipotesi iniziale. Così come ho scritto nel quarto capitolo della mia triologia legata agli Anunnaki sul suolo siciliano. 
Quello che segue è la bozza iniziale.

[…] Una tesi molto plausibile, tuttavia se dobbiamo seguire il costrutto storico, dovremmo sostenere che le causa che determinarono la corruzione semantica dell’epiteto del dio, sarebbero da attribuire a una conseguenza evolutiva dei linguaggi in uso a quel tempo. Ma allora chi era il dio conosciuto nel II millennio AC, dai nativi siciliani? Una delle congetture che possiamo formulare, alla luce di tali informazioni è quella secondo la quale

GIBIL = BAAL
sarebbero epiteti di un’unica divinità, che assunse posizioni politiche, divine e amministrative, alternate a seconda di chi assumeva il governo del pianeta. La questione tuttavia, è molto più complessa di quanto possa apparire in tale panorama. Ciò non di meno quando ogni informazione, fino adesso elencata, sembra chiudere il capitolo sulla figura di questa divinità, ecco che indagando ulteriormente emergono nuove connessioni. Da ciò che sappiamo gli antichi dèi semitici assumevano epiteti diversi in funzione del territorio che gestivano. Infatti, gli astronomi sumeri associarono Adad, alla costellazione del Toro, che a quel tempo era conosciuto con l’epiteto di GU.ANNA, “toro celelste”, il cui segno rappresentava il dio Adad/Ishkur[1] o Teshub (“dio della tempesta”), che in sumero si traduceva in “lontane contrade montagnose”, in riferimento ai domini che questa divinità gestiva sui monti Taurus. Ed è, altresì, ipotizzabile che, in funzione di tale significato, il nome Adranòs sia la corruzione semantica del linguaggio delle comunità siciliane, nel definire il dio Ishkur, al quale, dopo la definitiva sconfitta degli Enkiti, probabilmente, gli fu assegnato il controllo in diversi territori, nella parte occidentale del Mediterraneo orientale, tra i quali faceva parte anche l’isola siciliana, sia la stretta connessione con l’Etna e il promontorio a occidente del vulcano siciliano, oggi conosciuto come la catena montuosa dei Monti Nebrodi.
Gibil, invece, come abbiamo spiegato nel capitolo precedente, apparteneva alla stirpe di Enki, Baal fu associato a Marduk suo figlio. Adranòs/Adad, dio della guerra, invece, apparteneva alla casata del dio Enlil, fu quest’ultima divinità che s’impose sul suolo siciliano dopo la sconfitta degli Enkiti. Ed è da quel momento che, nei territori pedemontani e simetini a ridosso dell’Etna, ogni azione, progetto o progresso sociale, industriale e religioso, svolto dalle comunità della “Valle del Demone”, rientrerebbe in uno dei tanti progetti massonici, messi in atto da divinità Enlelite.
Ciò spiegherebbe, seguendo il pensiero arabo, quel filo conduttore e le motivazioni storiche che indussero i saraceni, nella suddivisione dei territori siciliani, ad attribuire l’epiteto “Val del Demone” ai territori nord-orientali e adiacenti al vulcano etneo, il cui obiettivo era di riportare in vita quelle conoscenze a lungo celate tra le comunità etnee e simetine.

Copyright ottobre 2017
Angelo Virgillito



[1] Adad in accadico e Ishkur in sumero sono i nomi del dio della pioggia e della tempesta nella mitologia mesopotamica. Il suo nome si scriveva in sumero d.IM, era il patrono di Karkara. Presso i sumeri era chiamato anche Immer, mentre a Babilonia e in Assiria Rammān, "il tonitruante". La divinità accadica è imparentata nel nome e nelle funzioni con il dio nord-occidentale semitico Hadad. Durante l'impero babilonese, Adad fu considerato tra le divinità principali del pantheon e venne definito come figlio di Enlil. La doppia valenza degli aspetti propri del dio, la pioggia fertile e la tempesta distruttrice, è presente nel poema Atrahasis e nell'Epopea di Gilgamesh.

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