mercoledì 27 maggio 2015

LA CREAZIONE PRIMA DELL’UOMO

LA CREAZIONE PRIMA DELL’UOMO


Cielo e Terra, acqua e fuoco, sono questi i quattro elementi generati dal logos Divino all’origine dei tempi, il cui significato, sin dalla sua nascita, ha influenzato la sfera emozionale dell’uomo, attribuendogli nel corso della sua storia un valore diverso. Il Cielo[1], per gli uomini primitivi è stato considerato il luogo da dove giunsero gli dèi; la Terra fu ritenuta la Madre rigeneratrice della vita; l’Acqua[2] fu considerata la fonte della vita stessa e, infine, il Fuoco[3] fonte di purificazione e luce della vita. Sono questi dunque, le prime forme di pensiero dei primi uomini, sui quali si è sviluppata la concezione religiosa umana. Egli, l’uomo, difatti, dopo l’improvvisa mutazione genetica, avvenuta, secondo le fonti ufficiali, circa 200mila anni fa, nelle sue continue perigrazioni, vagabondando sulle terre emerse da un territorio all’altro era alla costante ricerca di quei luoghi dove la Grande Madre Terra rendeva rigogliosa e fertile la vita. Una vita breve se paragonata all’immortalità divina, dove morte e rinascita hanno da sempre, scandito i ritmi vitali di ogni essere vivente su questo nostro meraviglioso pianeta. Nel frattempo tale convivenza spinse l’uomo a sviluppare un proprio credo religioso per ringraziare la Grande Madre dei doni a loro concessi, ma come tutte le cose alla lunga si deteriorano e per porvi rimedio, gli dèi del Cielo, secondo la credenza popolare, inviarono il sacro Fuoco per purificare e ristabilire l’Ordine in quel delicato equilibrio cosmico dove l’energia divina si manifesta. L’uomo dunque, vivendo in funzione dei cinque elementi della vita (Cielo e Terra, acqua e fuoco, e la potenza divina manifestatasi all’origine dei tempi) ha imparato, a sue spese, che soltanto tramite uno stretto rapporto con tali elementi, egli, ne poteva trarre dei benefici. A predominare però, furono i concetti legati all’Acqua e al Fuoco, i cui elementi focalizzanti hanno determinato il retaggio culturale e religioso delle prime comunità umane.

Un dualismo[4] riscontrabile in tutte le culture primitive e in quelle successive. Come il buio cede il passo alla luce, il fuoco, quale fonte purificatrice si ritira dinanzi all’acqua, fonte di vita. Ed è sempre stato così. Ciò nonostante la forte contrapposizione dei due elementi essi hanno interagito negli aspetti sapienziali nelle culture religiose del pianeta, da quella iranica a quella cristiana e persino nel buddismo orientale.       
Un mondo lontano da quei paradigmi strutturali imposti oggi sia dall’ortodossia scientifica, dove tutto deve essere supportato da prove certe, documentate e ripetibili nel tempo, sia dai dogmi religiosi. Eppure, coesistono verità culturali poste ai margini dalle dottrine sociali, politiche e religiose, che identificano realtà rurali e storiche le quali hanno permesso all’uomo primitivo di evolversi. Esse sono celate nelle antiche cronache, le quali raccontano un’altra Storia, indivisibile dai fatti ortodossi esposti dagli storici e studiosi di ogni tempo. Nel corso del tempo sono stati enfatizzati e mitizzati e fanno parte a pieno titolo di quel substrato storico i cui eventi hanno sancito la storia canonica di una determinata civiltà. Ogni città, paese o borgata posta persino ai confini estremi del nostro pianeta, custodisce questo patrimonio culturale, perché fa parte della loro evoluzione, del loro passato, del loro presente, contribuendo, direttamente o indirettamente, nelle scelte del loro futuro.

In questi ultimi decenni molti ricercatori hanno dimostrato l’importanza ricoperta da questi racconti fantasiosi, eppure l’ortodossia classica continua a sostenere l’infondatezza e la fantasia con cui sono stati confezionati. Per loro, tali racconti non possono essere complementari alla storia, perché non hanno quei riscontri richiesti dai parametri empirici della scienza ufficiale, che possono comprovare la loro storicità, di conseguenza le definiscono delle gioviali favole, partorite dalla mente umana. A prima vista potrebbe sembrare vero, ma in ognuna di esse è custodito un episodio, un fatto realmente accaduto che con l’andar del tempo è stato abbellito in alcune parti e mitizzato in altre e in alcuni casi si è perso persino il suo significato originario che, nonostante tutto esso è e rappresenta il retaggio, la storia di quel luogo e di quel popolo, dove il fatto stesso è accaduto. Spesso è difficile riuscire a decrittarli nella loro vera natura, ma quando ci si riesce, permettono a studiosi e ricercatori di aggiungere un nuovo tassello alla frammentata storia sulle origini dell’uomo.
Poter accedere a tali informazioni tuttavia, occorre una visione dell’insieme più ampia, che va oltre gli stretti paradigmi scientifici, bisogna spaziare là dove tutte le cose sono correlate e indivisibili, progredite insieme all’uomo durante il suo corso evolutivo nella storia dell’universo, perché è parte integrante della vita. Se le teorie di Albert Einstein[5] trovano il giusto fondamento, laddove: “Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, in cui lo spazio e il tempo sono concetti relativi, allora tale principio può essere applicato anche ai racconti leggendari, che sono il prodotto evolutivo di uno o più avvenimenti accaduti nel corso della storia dell’uomo. Il trascorrere del tempo, i cambiamenti politici, militari e religiosi hanno modificato la storia stessa di tali racconti.

Da un certo punto di vista tradizionale, possiamo sostenere che fu la necessità dei primi narratori a creare i primi mutamenti dei fatti narrati nei racconti e le motivazioni andrebbero ricercate nell’interesse degli stessi per attirare maggiormente l’attenzione di chi ascoltava. Tale trasformazione però, per quanto elaborata la potesse partorire la menta umana, non avrebbe potuto rendere tutti questi racconti così enigmatici e difficili da interpretare, se non nel panorama mitologico e favolistico. In essi fortunatamente, si manifestano anche altri fattori come i cambiamenti politici, militari e religiosi che caratterizzano il racconto stesso. Da un altro punto di vista più empirico possiamo invece, sostenere che una terminologica povera dell’antico linguaggio determinò una sorta di associazione con figure mitiche e persino astratte o forse, si preferì scegliere tale formula associativa affinché il messaggio non fosse stato obliato dalle generazioni future.
Dal nostro punto di vista non dobbiamo dimenticare che se pur complesso il vocabolario antico non era così articolato come quello dei giorni nostri, pertanto se un giorno ai narratori antichi fosse capitato di descrivere la visione di un oggetto che si muoveva nei cieli, plausibilmente avrebbero utilizzato termini come “carro infuocato” o “nuvola di fuoco” e così via. Oggi noi nel vedere quello stesso oggetto volare nei cieli diremmo che si tratta di un aereo, se è un aeroplano, altrimenti faremmo riferimento a un Ufo, perché la nostra terminologia si è arricchita di centinaia di vocaboli nuovi.

Al tempo dei Sumeri, ad esempio, 6mila anni fa, questa popolazione nel vedere un oggetto volare nei cieli mesopotamici lo avrebbe identificato come uno Shem, o un Din-gir, se lo stesso velivolo fosse stato visto dagli israeliti al tempo di Gesù, sarebbe stato indicato come una manifestazione di Potenza e Gloria di Dio. Di conseguenza possiamo supporre che ogni civiltà del passato avrebbe descritto quell’oggetto volante in funzione del proprio retaggio letterario, espressione della cultura di quel dato tempo. Di motivazioni a sostegno della tesi, secondo la quale ogni leggenda racconti una verità, ne potremmo proporre a centinaia, ma sarebbe come voler ripetere un numero per un’infinità di volte.




Copyright Giugno 2013 by Angelo Virgillito

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[1] Nei vari culti religiosi il cielo, inteso sia in senso fisico e prettamente spirituale, ha una grande importanza. Esso è la sede delle divinità oppure una divinità stessa; talvolta il cielo stesso presta alla divinità stessa alcuni suoi attributi. Presso i popoli primitivi la divinità celeste s'identifica in genere con quella suprema, mentre quella sotterranea, ctonia, ne è in qualche modo nemica o contrapposta. Fin dall'antichità quindi il cielo era il luogo della trascendenza; vasto e sconfinato, dava l’idea dell’immensità di spazio, dell’universalità di pensiero, della pienezza del sentimento, della dolcezza e della grazia, della beatitudine. Il termine cielo viene dal latino caelum, forse da *kaid-lom "(regione) tagliata e delimitata)". La parola greca che indica il cielo è ouranós, sia in senso fisico che spirituale. In alcune lingue antiche e moderne si usano due parole differenti per i due significati. In inglese sky (di origine nordica) è il cielo in senso comune o scientifico e heaven è il cielo in senso religioso. In ebraico i ḫamayīm – i cieli al plurale – hanno un riferimento religioso e raqia è il firmamento.
[2] L'acqua ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle prime civiltà antiche, che erano localizzate lungo i grandi fiumi dell'oriente: il Nilo per la civiltà egizia, il Tigri e l'Eufrate per le civiltà mesopotamiche (Sumeri, Babilonesi e Assiri), lo Huang Ho (Fiume Giallo) per la Cina, l'Indo e il Gange per l'India. I grandi bacini fluviali costituivano un'opportunità per la maggior fertilità del suolo e per la facilità dei trasporti, ma determinavano un'organizzazione sociale più complessa necessaria per gestire i conflitti per le risorse e per affrontare la costruzione e manutenzione di imponenti sistemi d’irrigazione e di protezione dalle alluvioni. Minore, ma tutt'altro che trascurabile, fu anche l'importanza dei mari interni, soprattutto il mare Mediterraneo, che facilitavano i commerci e i contatti culturali fra popoli lontani, con la formazione di civiltà prevalentemente dedicate al commercio (anzitutto i Fenici). L'importanza dell'acqua è riconosciuta nelle religioni e nei sistemi filosofici sin dai tempi antichi. Molte religioni venerano dèi legati all'acqua o i corsi d'acqua stessi. Ancora, semidivinità particolari, chiamate Ninfe, sono posti nella mitologia greca a guardia di particolari fonti d'acqua. L'acqua, poi, fu considerata un elemento primigenio presso molti popoli, anche molto lontani fra loro; ad esempio in Cina fu identificata con il caos, da cui ha avuto origine l'universo, mentre nella Genesi compare già nel secondo versetto, prima della luce e delle terre emerse. Anche il filosofo greco Talete associò l'acqua all'origine di tutte le cose e asserì che la sua scorrevolezza è in grado di spiegare anche i mutamenti delle cose stesse. Anche in Polinesia l'acqua fu considerata la materia prima fondamentale. Con lo sviluppo dei primi sistemi filosofici, l'acqua fu affiancata da pochi altri elementi primigenii senza perdere la sua importanza. In tutte le civiltà antiche era molto diffusa la convinzione che la molteplicità della natura potesse essere ricondotta alla combinazione di pochissimi elementi costitutivi: l'acqua, appunto, il fuoco, la terra e l'aria (o il legno) ed eventualmente una quinta essenza. Così ad esempio in oriente il taoismo cinese include l'acqua fra i suoi cinque elementi con terra, fuoco, legno e metallo. In Occidente anche Empedocle (492 a.C. circa – 430 a.C. circa) annoverò l'acqua fra i quattro elementi fondamentali, ai quali Platone nel Timeo aggiunse l'etere. Lo stesso Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) sosteneva che la materia fosse formata dall'interazione dei quattro elementi citati da Empedocle. L'indispensabilità dell'acqua per il fiorire della vita colpì molte civiltà. Ad esempio, nella lingua sumera "a" significa sia "acqua" sia "generazione". Nella maggior parte delle religioni, quindi, l'acqua è diventata un simbolo di rinnovamento e perciò di benedizione di Dio. Essa compare logicamente nei riti di "purificazione" e di rinascita di molti culti, ad esempio nei riti di immersione del battesimo cristiano e nelle abluzioni dell'ebraismo e dell'islam. Anche nello scintoismo l'acqua è usata nei rituali di purificazione di persone o luoghi.  La tradizione sapienziale mistica ebraica della Qabbalah individua nell'acqua il simbolo della Sefirah Chessed indicante la qualità divina della Misericordia, della gentilezza e della grandezza; molti i riferimenti della Torah all'acqua, anche suo simbolo. Secondo l'esegesi ebraica lo stesso termine Ebreo, in ebraico Yivrì, significa colui che viene da oltre il fiume ed è presente nella Bibbia ebraica usato per la prima volta riguardo ad Avraham. Il termine ebraico che traduce la parola acqua, Maim, se associato al termine Esh, fuoco, forma la parola Shamaim che significa Cielo: si ritiene infatti che i Cieli presentino l'unione di acqua e fuoco. Mircea Eliade ha studiato analiticamente i miti acquatici nelle varie religioni: le Acque e i Germi; le cosmogonie acquatiche (in India, nell'Enuma Eliš della mitologia babilonese); le ilogenie; l' Acqua della Vita; il simbolismo dell'immersione; il battesimo; la sete del morto; le fonti miracolose ed oracolari; le epifanie acquatiche e le divinità delle acque; le Ninfe; Poseidone ed Aegir; gli animali ed emblemi acquatici; il simbolismo del diluvio.
[3] Le più antiche prove di uso umano del fuoco provengono da vari siti archeologici nell'Africa orientale, come Chesowanja vicino al lago Baringo, Koobi Fora ed Olorgesailie in Kenya. Le prove a Chesowanja consistono in cocci di argilla rossa datati a 1,42 milioni di anni (Ma) Before Present (BP). Il trattamento di re-riscaldamento sui frammenti trovati presso il sito mostra che l'argilla deve essere stata scaldata a 400 °C per farla indurire. Quelle conclusive del controllo umano del fuoco invece furono trovate a Swartkrans, Sudafrica. Parecchie pietre bruciate furono rinvenute in mezzo ad utensili acheulani, utensili d'osso e ossa con segni di ferite da taglio inflitte da ominidi. Questo sito mostra anche alcune delle più antiche prove del consumo di carne da parte dell'H. erectus. La Caverna dei Focolari nel Sudafrica contiene depositi bruciati datati da 0,2 a 0,7 milioni di anni fa, così come vari altri siti quali la Caverna Montagu (da 0,058 a 0,2 Ma BP) e le caverne alla foce del fiume Klasies (da 0,12 a 0,13 Ma BP). Un sito scoperto più recentemente a Bnot Ya’akov Bridge, Israele, mostra fuochi dell'H. erectus o H. ergaster fatti tra il 790 e il 690 ka BP. Presso la caverna Qesem, 12 km a est di Tel-Aviv, esistono prove dell'uso regolare del fuoco da prima del 382,000 BP a circa il 200,000 BP alla fine del Pleistocene inferiore. Le grandi quantità di ossa bruciate e le zolle di terreno moderatamente riscaldate suggeriscono che la macellazione e la disossazione delle prede avevano luogo vicino ai focolari. A Xihoudu, nella provincia dello Shanxi, ci sono prove di combustione per lo scolorimento nero, grigio e verde-grigiastro delle ossa di mammiferi. Un altro sito in Cina è Yuanmou, nella provincia di Yunnan, dove sono state trovate ossa di mammiferi. A Trinil, Giava, depositi simili di ossa annerite e di carbone vegetale sono stati rintracciati tra i fossili dell'H. erectus. Presso Zhoukoudian in Cina, le prove del fuoco risalgono da 500.000 a 1,5 milioni di anni fa. Il fuoco a Zhoukoudian è suggerito dalla presenza di ossa bruciate, manufatti bruciati di pietra scheggiata, carbone vegetale, cenere e focolari a fianco di fossili dell'H. erectus nello Strato 10 presso la Località 1. Queste prove provengono dalla Località 1 presso Zhoukoudian, dove si scoprì che il colore di parecchie ossa andava in modo uniforme dal nero al grigio. Si determinò che le sostanze estratte dalle ossa erano caratteristiche di ossa bruciate piuttosto che di macchie di manganese. Questi residui, alla spettrografia infrarossa, mostravano anche la presenza di ossidi, e un osso che era turchese fu riprodotto in laboratorio riscaldando alcune delle altre ossa trovate nello Strato 10. Presso il sito, lo stesso effetto potrebbe essere stato causato dal riscaldamento naturale, poiché l'effetto si era prodotto su ossa bianche, gialle e nere.
[4] Il dualismo è una concezione filosofica o teologica che vede la presenza di due essenze o principi opposti ed inconciliabili; è quindi una concezione contrapposta a quella del monismo. Varie religioni, specie iraniche, presentono aspetti dualisti. Lo Zoroastrismo o Mazdaismo Zoroastriano, fondato da Zoroastro (IX-VIII secolo a.C.) e ancora presente in Iran. Viene adorato Ahura Mazda che è il Creatore, completamente buono mentre l’antitesi è increata ed assoluta. Il Mandeismo, religione anch’essa monoteista ma con una visione accentuatamente dualista, sopravvive in Iraq e nella diaspora. Hanno il culto dei Profeti Adamo, Abele, Seth, Enoch, Noè, Sem, Aram e specialmente di Giovanni Battista e di un Gesù spirituale, di chiara ispirazione docetista, e battezzato da Giovanni. Rappresentano un antico (III secolo d.C.) movimento gnostico di origine cristiano-giudaica con influenze dualistiche iraniche piuttosto oscure. Ed infine il Manicheismo, fondato da Mani nel III secolo d.C., ebbe rapido successo dall’Europa Occidentale alla Persia, ma subì presto dure persecuzioni. È sopravvissuto per dieci secoli in Asia Centrale e Cina. Il dualismo teologico della religione universale manichea spiegava la compresenza di ordine e caos, bene e male nell'universo, a partire dal conflitto tra il Dio di luce (Ohrmuzd) e l'emissario delle tenebre (Ahriman), pur prevedendo, in quanto religione di salvezza, separazione finale delle tenebre dalla luce. Religione universale, sintesi di Zoroastrismo, Buddismo ed elementi di cristianesimo. Sin dalle origini, secondo I Padri della Chiesa, vedi le elencazioni/confutazioni delle eresie di Ireneo di Lione. Epifanio di Salamina, Sant’Agostino, è presente un corrente gnostica e dualista e spesso docetista nell’ambito del Cristianesimo. Una corrente che vede nella contrapposizione di due entità, una negativa e l’altra positiva, la spiegazione del male nel mondo, così come la dualità tra anima e corpo.
[5] Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo della scienza, tedesco di nascita ma naturalizzato svizzero, divenuto in seguito cittadino statunitense. La sua grandezza consiste nell'aver mutato per sempre il modello di interpretazione del mondo fisico. Nel 1905, ricordato come "annus mirabilis", pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo, riguardanti tre aree differenti della fisica: dimostrò la validità della teoria dei quanti di Planck nell'ambito della spiegazione dell'effetto fotoelettrico dei metalli; fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l'ipotesi di aleatorietà dello stesso; espose la teoria della relatività ristretta, che precede di circa un decennio quella della relatività generale. Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica "per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico", e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività, in grado, per l'assoluta originalità, di colpire l'immaginario collettivo. Fu un successo insolito per uno scienziato e durante gli ultimi anni di vita la fama non fece che aumentare, al punto che in molte culture popolari il suo nome divenne ben presto sinonimo di intelligenza e di grande genio. Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo.

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