LA CREAZIONE PRIMA
DELL’UOMO
Cielo e Terra, acqua e
fuoco, sono questi i quattro elementi generati dal logos Divino all’origine dei
tempi, il cui significato, sin dalla sua nascita, ha influenzato la sfera
emozionale dell’uomo, attribuendogli nel corso della sua storia un valore diverso.
Il Cielo[1],
per gli uomini primitivi è stato considerato il luogo da dove giunsero gli dèi;
la Terra fu ritenuta la Madre
rigeneratrice della vita; l’Acqua[2]
fu considerata la fonte della vita stessa e, infine, il Fuoco[3]
fonte di purificazione e luce della vita. Sono questi dunque, le prime forme di
pensiero dei primi uomini, sui quali si è sviluppata la concezione religiosa
umana. Egli, l’uomo, difatti, dopo l’improvvisa mutazione genetica, avvenuta,
secondo le fonti ufficiali, circa 200mila anni fa, nelle sue continue
perigrazioni, vagabondando sulle terre emerse da un territorio all’altro era
alla costante ricerca di quei luoghi dove la Grande Madre Terra rendeva
rigogliosa e fertile la vita. Una vita breve se paragonata all’immortalità
divina, dove morte e rinascita hanno da sempre, scandito i ritmi vitali di ogni
essere vivente su questo nostro meraviglioso pianeta. Nel frattempo tale
convivenza spinse l’uomo a sviluppare un proprio credo religioso per
ringraziare la Grande Madre dei doni a loro concessi, ma come tutte le cose
alla lunga si deteriorano e per porvi rimedio, gli dèi del Cielo, secondo la
credenza popolare, inviarono il sacro Fuoco per purificare e ristabilire
l’Ordine in quel delicato equilibrio cosmico dove l’energia divina si manifesta.
L’uomo dunque, vivendo in funzione dei cinque elementi della vita (Cielo e
Terra, acqua e fuoco, e la potenza divina manifestatasi all’origine dei tempi)
ha imparato, a sue spese, che soltanto tramite uno stretto rapporto con tali
elementi, egli, ne poteva trarre dei benefici. A predominare però, furono i
concetti legati all’Acqua e al Fuoco, i cui elementi focalizzanti hanno
determinato il retaggio culturale e religioso delle prime comunità umane.
Un dualismo[4]
riscontrabile in tutte le culture primitive e in quelle successive. Come il
buio cede il passo alla luce, il fuoco, quale fonte purificatrice si ritira
dinanzi all’acqua, fonte di vita. Ed è sempre stato così. Ciò nonostante la
forte contrapposizione dei due elementi essi hanno interagito negli aspetti
sapienziali nelle culture religiose del pianeta, da quella iranica a quella
cristiana e persino nel buddismo orientale.
Un mondo lontano da quei
paradigmi strutturali imposti oggi sia dall’ortodossia scientifica, dove tutto
deve essere supportato da prove certe, documentate e ripetibili nel tempo, sia
dai dogmi religiosi. Eppure, coesistono verità culturali poste ai margini dalle
dottrine sociali, politiche e religiose, che identificano realtà rurali e
storiche le quali hanno permesso all’uomo primitivo di evolversi. Esse sono
celate nelle antiche cronache, le quali raccontano un’altra Storia,
indivisibile dai fatti ortodossi esposti dagli storici e studiosi di ogni
tempo. Nel corso del tempo sono stati enfatizzati e mitizzati e fanno parte a pieno
titolo di quel substrato storico i cui eventi hanno sancito la storia canonica
di una determinata civiltà. Ogni città, paese o borgata posta persino ai
confini estremi del nostro pianeta, custodisce questo patrimonio culturale,
perché fa parte della loro evoluzione, del loro passato, del loro presente,
contribuendo, direttamente o indirettamente, nelle scelte del loro futuro.
In questi ultimi decenni
molti ricercatori hanno dimostrato l’importanza ricoperta da questi racconti
fantasiosi, eppure l’ortodossia classica continua a sostenere l’infondatezza e
la fantasia con cui sono stati confezionati. Per loro, tali racconti non
possono essere complementari alla storia, perché non hanno quei riscontri
richiesti dai parametri empirici della scienza ufficiale, che possono
comprovare la loro storicità, di conseguenza le definiscono delle gioviali
favole, partorite dalla mente umana. A prima vista potrebbe sembrare vero, ma
in ognuna di esse è custodito un episodio, un fatto realmente accaduto che con
l’andar del tempo è stato abbellito in alcune parti e mitizzato in altre e in
alcuni casi si è perso persino il suo significato originario che, nonostante
tutto esso è e rappresenta il retaggio, la storia di quel luogo e di quel
popolo, dove il fatto stesso è accaduto. Spesso è difficile riuscire a
decrittarli nella loro vera natura, ma quando ci si riesce, permettono a
studiosi e ricercatori di aggiungere un nuovo tassello alla frammentata storia
sulle origini dell’uomo.
Poter accedere a tali
informazioni tuttavia, occorre una visione dell’insieme più ampia, che va oltre
gli stretti paradigmi scientifici, bisogna spaziare là dove tutte le cose sono
correlate e indivisibili, progredite insieme all’uomo durante il suo corso
evolutivo nella storia dell’universo, perché è parte integrante della vita. Se
le teorie di Albert Einstein[5]
trovano il giusto fondamento, laddove: “Nulla si crea e nulla si distrugge, ma
tutto si trasforma”, in cui lo spazio e il tempo sono concetti relativi, allora
tale principio può essere applicato anche ai racconti leggendari, che sono il
prodotto evolutivo di uno o più avvenimenti accaduti nel corso della storia
dell’uomo. Il trascorrere del tempo, i cambiamenti politici, militari e
religiosi hanno modificato la storia stessa di tali racconti.
Da un certo punto di
vista tradizionale, possiamo sostenere che fu la necessità dei primi narratori
a creare i primi mutamenti dei fatti narrati nei racconti e le motivazioni
andrebbero ricercate nell’interesse degli stessi per attirare maggiormente
l’attenzione di chi ascoltava. Tale trasformazione però, per quanto elaborata
la potesse partorire la menta umana, non avrebbe potuto rendere tutti questi
racconti così enigmatici e difficili da interpretare, se non nel panorama
mitologico e favolistico. In essi fortunatamente, si manifestano anche altri
fattori come i cambiamenti politici, militari e religiosi che caratterizzano il
racconto stesso. Da un altro punto di vista più empirico possiamo invece,
sostenere che una terminologica povera dell’antico linguaggio determinò una
sorta di associazione con figure mitiche e persino astratte o forse, si preferì
scegliere tale formula associativa affinché il messaggio non fosse stato
obliato dalle generazioni future.
Dal nostro punto di vista
non dobbiamo dimenticare che se pur complesso il vocabolario antico non era
così articolato come quello dei giorni nostri, pertanto se un giorno ai
narratori antichi fosse capitato di descrivere la visione di un oggetto che si
muoveva nei cieli, plausibilmente avrebbero utilizzato termini come “carro
infuocato” o “nuvola di fuoco” e così via. Oggi noi nel vedere quello stesso
oggetto volare nei cieli diremmo che si tratta di un aereo, se è un aeroplano,
altrimenti faremmo riferimento a un Ufo, perché la nostra terminologia si è arricchita
di centinaia di vocaboli nuovi.
Al tempo dei Sumeri, ad
esempio, 6mila anni fa, questa popolazione nel vedere un oggetto volare nei
cieli mesopotamici lo avrebbe identificato come uno Shem, o un Din-gir, se lo
stesso velivolo fosse stato visto dagli israeliti al tempo di Gesù, sarebbe
stato indicato come una manifestazione di Potenza e Gloria di Dio. Di
conseguenza possiamo supporre che ogni civiltà del passato avrebbe descritto
quell’oggetto volante in funzione del proprio retaggio letterario, espressione
della cultura di quel dato tempo. Di motivazioni a sostegno della tesi, secondo
la quale ogni leggenda racconti una verità, ne potremmo proporre a centinaia,
ma sarebbe come voler ripetere un numero per un’infinità di volte.
Copyright Giugno 2013 by Angelo Virgillito
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[1] Nei vari culti
religiosi il cielo, inteso sia in senso fisico e prettamente spirituale,
ha una grande importanza. Esso è la sede delle divinità oppure una divinità
stessa; talvolta il cielo stesso presta alla divinità stessa alcuni suoi
attributi. Presso i popoli primitivi la divinità celeste s'identifica in genere
con quella suprema, mentre quella sotterranea, ctonia, ne è in qualche modo
nemica o contrapposta. Fin dall'antichità quindi il cielo era il luogo della
trascendenza; vasto e sconfinato, dava l’idea dell’immensità di spazio,
dell’universalità di pensiero, della pienezza del sentimento, della dolcezza e
della grazia, della beatitudine. Il termine cielo viene dal latino caelum,
forse da *kaid-lom "(regione) tagliata e delimitata)". La
parola greca che indica il cielo è ouranós, sia in senso fisico che
spirituale. In alcune lingue antiche e moderne si usano due parole differenti
per i due significati. In inglese sky (di origine nordica) è il cielo in
senso comune o scientifico e heaven è il cielo in senso religioso. In
ebraico i ḫamayīm – i cieli al plurale – hanno un riferimento religioso
e raqia è il firmamento.
[2] L'acqua ha svolto un ruolo fondamentale
nello sviluppo delle prime civiltà antiche, che erano localizzate lungo i
grandi fiumi dell'oriente: il Nilo per la civiltà egizia, il Tigri e l'Eufrate
per le civiltà mesopotamiche (Sumeri, Babilonesi e Assiri), lo Huang Ho (Fiume
Giallo) per la Cina, l'Indo e il Gange per l'India. I grandi bacini fluviali
costituivano un'opportunità per la maggior fertilità del suolo e per la
facilità dei trasporti, ma determinavano un'organizzazione sociale più
complessa necessaria per gestire i conflitti per le risorse e per affrontare la
costruzione e manutenzione di imponenti sistemi d’irrigazione e di protezione
dalle alluvioni. Minore, ma tutt'altro che trascurabile, fu anche l'importanza
dei mari interni, soprattutto il mare Mediterraneo, che facilitavano i commerci
e i contatti culturali fra popoli lontani, con la formazione di civiltà
prevalentemente dedicate al commercio (anzitutto i Fenici). L'importanza
dell'acqua è riconosciuta nelle religioni e nei sistemi filosofici sin dai
tempi antichi. Molte religioni venerano dèi legati all'acqua o i corsi d'acqua
stessi. Ancora, semidivinità particolari, chiamate Ninfe, sono posti nella
mitologia greca a guardia di particolari fonti d'acqua. L'acqua, poi, fu
considerata un elemento primigenio presso molti popoli, anche molto lontani fra
loro; ad esempio in Cina fu identificata con il caos, da cui ha avuto origine
l'universo, mentre nella Genesi compare già nel secondo versetto, prima della
luce e delle terre emerse. Anche il filosofo greco Talete associò l'acqua all'origine
di tutte le cose e asserì che la sua scorrevolezza è in grado di spiegare
anche i mutamenti delle cose stesse. Anche in Polinesia l'acqua fu considerata
la materia prima fondamentale. Con lo sviluppo dei primi sistemi filosofici,
l'acqua fu affiancata da pochi altri elementi primigenii senza perdere la sua
importanza. In tutte le civiltà antiche era molto diffusa la convinzione che la
molteplicità della natura potesse essere ricondotta alla combinazione di
pochissimi elementi costitutivi: l'acqua, appunto, il fuoco, la terra e l'aria
(o il legno) ed eventualmente una quinta essenza. Così ad esempio in oriente il
taoismo cinese include l'acqua fra i suoi cinque elementi con terra, fuoco,
legno e metallo. In Occidente anche Empedocle (492 a.C. circa – 430 a.C. circa)
annoverò l'acqua fra i quattro elementi fondamentali, ai quali Platone nel
Timeo aggiunse l'etere. Lo stesso Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) sosteneva
che la materia fosse formata dall'interazione dei quattro elementi citati da
Empedocle. L'indispensabilità dell'acqua per il fiorire della vita colpì molte
civiltà. Ad esempio, nella lingua sumera "a" significa sia
"acqua" sia "generazione". Nella maggior parte delle
religioni, quindi, l'acqua è diventata un simbolo di rinnovamento e perciò di
benedizione di Dio. Essa compare logicamente nei riti di
"purificazione" e di rinascita di molti culti, ad esempio nei riti di
immersione del battesimo cristiano e nelle abluzioni dell'ebraismo e
dell'islam. Anche nello scintoismo l'acqua è usata nei rituali di purificazione
di persone o luoghi. La tradizione
sapienziale mistica ebraica della Qabbalah individua nell'acqua il simbolo
della Sefirah Chessed indicante la qualità divina della Misericordia, della
gentilezza e della grandezza; molti i riferimenti della Torah all'acqua, anche
suo simbolo. Secondo l'esegesi ebraica lo stesso termine Ebreo, in ebraico Yivrì,
significa colui che viene da oltre il fiume ed è presente nella Bibbia
ebraica usato per la prima volta riguardo ad Avraham. Il termine ebraico che
traduce la parola acqua, Maim, se associato al termine Esh,
fuoco, forma la parola Shamaim che significa Cielo: si ritiene
infatti che i Cieli presentino l'unione di acqua e fuoco. Mircea Eliade ha
studiato analiticamente i miti acquatici nelle varie religioni: le Acque e i
Germi; le cosmogonie acquatiche (in India, nell'Enuma Eliš della
mitologia babilonese); le ilogenie; l' Acqua della Vita; il simbolismo
dell'immersione; il battesimo; la sete del morto; le fonti miracolose ed
oracolari; le epifanie acquatiche e le divinità delle acque; le Ninfe; Poseidone
ed Aegir; gli animali ed emblemi acquatici; il simbolismo del diluvio.
[3] Le più antiche
prove di uso umano del fuoco
provengono da vari siti archeologici nell'Africa orientale, come Chesowanja
vicino al lago Baringo, Koobi Fora ed Olorgesailie in Kenya. Le prove a
Chesowanja consistono in cocci di argilla rossa datati a 1,42 milioni di anni
(Ma) Before Present (BP). Il trattamento di re-riscaldamento sui frammenti
trovati presso il sito mostra che l'argilla deve essere stata scaldata a 400 °C
per farla indurire. Quelle conclusive del controllo umano del fuoco invece
furono trovate a Swartkrans, Sudafrica. Parecchie pietre bruciate furono
rinvenute in mezzo ad utensili acheulani, utensili d'osso e ossa con segni di
ferite da taglio inflitte da ominidi. Questo sito mostra anche alcune delle più
antiche prove del consumo di carne da parte dell'H. erectus. La Caverna
dei Focolari nel Sudafrica contiene depositi bruciati datati da 0,2 a 0,7
milioni di anni fa, così come vari altri siti quali la Caverna Montagu (da
0,058 a 0,2 Ma BP) e le caverne alla foce del fiume Klasies (da 0,12 a 0,13 Ma
BP). Un sito scoperto più recentemente a Bnot Ya’akov Bridge, Israele, mostra
fuochi dell'H. erectus o H. ergaster fatti tra il 790 e il 690 ka
BP. Presso la caverna Qesem, 12 km a est di Tel-Aviv, esistono prove dell'uso
regolare del fuoco da prima del 382,000 BP a circa il 200,000 BP alla fine del
Pleistocene inferiore. Le grandi quantità di ossa bruciate e le zolle di
terreno moderatamente riscaldate suggeriscono che la macellazione e la
disossazione delle prede avevano luogo vicino ai focolari. A Xihoudu, nella
provincia dello Shanxi, ci sono prove di combustione per lo scolorimento nero,
grigio e verde-grigiastro delle ossa di mammiferi. Un altro sito in Cina è Yuanmou,
nella provincia di Yunnan, dove sono state trovate ossa di mammiferi. A Trinil,
Giava, depositi simili di ossa annerite e di carbone vegetale sono stati
rintracciati tra i fossili dell'H. erectus. Presso Zhoukoudian in Cina,
le prove del fuoco risalgono da 500.000 a 1,5 milioni di anni fa. Il fuoco a
Zhoukoudian è suggerito dalla presenza di ossa bruciate, manufatti bruciati di
pietra scheggiata, carbone vegetale, cenere e focolari a fianco di fossili
dell'H. erectus nello Strato 10 presso la Località 1. Queste prove
provengono dalla Località 1 presso Zhoukoudian, dove si scoprì che il colore di
parecchie ossa andava in modo uniforme dal nero al grigio. Si determinò che le
sostanze estratte dalle ossa erano caratteristiche di ossa bruciate piuttosto che
di macchie di manganese. Questi residui, alla spettrografia infrarossa,
mostravano anche la presenza di ossidi, e un osso che era turchese fu
riprodotto in laboratorio riscaldando alcune delle altre ossa trovate nello
Strato 10. Presso il sito, lo stesso effetto potrebbe essere stato causato dal
riscaldamento naturale, poiché l'effetto si era prodotto su ossa bianche,
gialle e nere.
[4] Il dualismo
è una concezione filosofica o teologica che vede la presenza di due essenze o
principi opposti ed inconciliabili; è quindi una concezione contrapposta a
quella del monismo. Varie religioni, specie iraniche, presentono aspetti
dualisti. Lo Zoroastrismo o Mazdaismo Zoroastriano, fondato da Zoroastro
(IX-VIII secolo a.C.) e ancora presente in Iran. Viene adorato Ahura Mazda che
è il Creatore, completamente buono mentre l’antitesi è increata ed assoluta. Il
Mandeismo, religione anch’essa monoteista ma con una visione accentuatamente
dualista, sopravvive in Iraq e nella diaspora. Hanno il culto dei Profeti
Adamo, Abele, Seth, Enoch, Noè, Sem, Aram e specialmente di Giovanni Battista e
di un Gesù spirituale, di chiara ispirazione docetista, e battezzato da
Giovanni. Rappresentano un antico (III secolo d.C.) movimento gnostico di
origine cristiano-giudaica con influenze dualistiche iraniche piuttosto oscure.
Ed infine il Manicheismo, fondato da Mani nel III secolo d.C., ebbe rapido
successo dall’Europa Occidentale alla Persia, ma subì presto dure persecuzioni.
È sopravvissuto per dieci secoli in Asia Centrale e Cina. Il dualismo teologico
della religione universale manichea spiegava la compresenza di ordine e caos,
bene e male nell'universo, a partire dal conflitto tra il Dio di luce (Ohrmuzd)
e l'emissario delle tenebre (Ahriman), pur prevedendo, in quanto
religione di salvezza, separazione finale delle tenebre dalla luce. Religione
universale, sintesi di Zoroastrismo, Buddismo ed elementi di cristianesimo. Sin
dalle origini, secondo I Padri della Chiesa, vedi le elencazioni/confutazioni
delle eresie di Ireneo di Lione. Epifanio di Salamina, Sant’Agostino, è
presente un corrente gnostica e dualista e spesso docetista nell’ambito del
Cristianesimo. Una corrente che vede nella contrapposizione di due entità, una
negativa e l’altra positiva, la spiegazione del male nel mondo, così come la
dualità tra anima e corpo.
[5] Albert Einstein
(Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo
della scienza, tedesco di nascita ma naturalizzato svizzero, divenuto in
seguito cittadino statunitense. La sua grandezza consiste nell'aver mutato per
sempre il modello di interpretazione del mondo fisico. Nel 1905, ricordato come
"annus mirabilis", pubblicò tre articoli a contenuto fortemente
innovativo, riguardanti tre aree differenti della fisica: dimostrò la validità
della teoria dei quanti di Planck nell'ambito della spiegazione dell'effetto
fotoelettrico dei metalli; fornì una valutazione quantitativa del moto
browniano e l'ipotesi di aleatorietà dello stesso; espose la teoria della
relatività ristretta, che precede di circa un decennio quella della relatività
generale. Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica "per i
contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge
dell'effetto fotoelettrico", e la sua fama dilagò in tutto il mondo
soprattutto per la teoria della relatività, in grado, per l'assoluta
originalità, di colpire l'immaginario collettivo. Fu un successo insolito per
uno scienziato e durante gli ultimi anni di vita la fama non fece che
aumentare, al punto che in molte culture popolari il suo nome divenne ben
presto sinonimo di intelligenza e di grande genio. Oltre a essere uno dei più
celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri
ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla
cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori
del XX secolo.
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