sabato 26 agosto 2017

#Gibil e #Adranòs le #diivinità che si contesero il dominio #religioso in #Sicilia

La complessa storiografia siciliana ci pone limiti e difficoltosi anti rivieni, i cui balzi storici, a volte, ci disorientano, come le colonizzazioni che, pur seguendo una cronologia storica e temporale del tutto coerente con il panorama storico siciliano, essa può essere compresa soltanto scavando nelle tradizioni culturali e religiose di questi popoli che da oltre 4mila anni tenuto sotto il loro giogo la popolazione siciliana. Ecco perché balziamo come grilli, da un periodo storico a un altro, per riuscire a rimettere insieme il complicato panorama storico siciliano, prima dell’avvento dell’ellenizzazione dell’isola siciliana.

Raccontare le probanti teorie e le connessioni che quest’antico dio semitico aveva con la religione delle origini isolane, dobbiamo portarci avanti nel tempo per giungere al I millennio DC, periodo durante il quale è emerso un corollario di dati che possono spiegare alcuni passaggi religiosi del periodo preistorico, che legano la figura del dio Adranòs/Adad, con un’altra divinità sumera che, probabilmente fu la prima divinità maschile che fu adorata insieme alla grande Madre dalle antiche comunità orientali dell’isola.



Ed è tra il caos storico vissuto a cavallo tra il I e il II millennio DC, periodo durante il quale, in Europa, è stato registrato un susseguirsi di movimenti, che a più riprese, indipendentemente gli uni dagli altri, diedero degli altalenanti scossoni politici, religiosi ed espansionistici, al potere costituito, dal cui panorama affiorano delle labili tracce, che rientrano nello scenario semantico del primitivo epiteto divino, ascritto a questa primeva divinità siciliana. Infatti, per quel segmento storico che ci riguarda, in Sicilia, tra l’XI e il XIII secolo DC, si accompagnarono altre colonizzazioni come quelle normanne e sveve che, con le loro influenze di tipo indoeuropeo, storpiarono il termine arabo di Gibel Utlamat in Mons Gibel (il cui significato è: due volte monte). E’ difficile intuire le motivazioni che spinsero gli arabi ad attribuire il nome Gibel Utlamat, tuttavia un’ipotesi può essere formulata, secondo la quale l’idioma Gibel può riferirsi a una corruzione dialettale dell’epiteto divino del dio Gibil, una divinità semitica legata al fuoco.



Chi era questa divinità? Dove si sviluppò il suo culto?
Nella mitologia sumera, Gibil ("il bruciante") è indicato come il dio del fuoco. Secondo alcune versioni, è ritenuto il figlio di An e Ki, An e Shara ovvero di Ishkur e Shala. Più tardi, presso gli Accadi fu chiamato Gerra. In alcune versioni dell'Enûma Eliš,[1] ad esempio, Gibil è presentato come un abile cavaliere che mantiene affilata la lama delle armi, la sua mente è così vasta e sagace che tutte le menti divine messi insieme non possono ragguagliarla e immaginarla.

C’è un unico filo conduttore che lega tutte le divinità che nel corso della storia siciliana si sono succedute o imposti nei culti religiosi dei nativi siciliani, quali signori indiscussi della Montagna etnea, facendo confluire quel particolare misticismo che combinato con una ritualistica esoterica, impressero nel fuoco un’alchimia divina.

Così seguendo un ordine cronologico, secondo quanto fino adesso abbiamo congetturato, la primeva divinità siciliana può benissimo essere identificata con il dio Gibil, discendente della stirpe Enkita. Il passaggio o sarebbe meglio ipotizzare l’usurpazione da parte di Adranòs alias Adad/Adad/Azaz, dio della guerra (termine emerso dalla traslitterazione dal greco all’originario lessico accadico antico. Difatti, la radice semantica della parola Adranòs, è riconducibile al dio della Guerra, Adar/Adad/Azar, altro dio semitico, quest’ultimo legato alla stirpe Ellelita), che nel corso della famigerata guerra degli dèi, scatenatesi durante il II millennio AC, tra le fazioni Enkite e quelle Enllelite, nell’area del bacino orientale del Mediterraneo, che si concluse con la vittoria di questi ultimi, i domini siciliani che un tempo erano sotto l’egida Enkita, passarono agli Enlleliti. Di conseguenza, ogni riferimento a Gibil fu cancellato, tanto che gli storici ortodossi sostengono che Adranòs/Adrano sia stata l’unica divinità nativa della Sicilia. Le uniche prove documentarie, che possono fare da supporto a tale congettura, sono alcuni idiomi e toponimi di antica memoria che, ancora oggi, fanno parte del retaggio culturale delle comunità che in questi territori vivono.

Il susseguirsi poi, di altre civiltà che nel corso della storia, colonizzarono l’isola, astutamente si servirono delle caratteristiche di Adranòs, per agevolare il loro inserimento nelle culture native siciliane. Infatti, le cronache antiche riportano che i Greci identificavano Adrános con il loro dio greco Efesto, che a sua volta era la trasposizione del dio Gibil; con l’arrivo dei romani, quindi dei Latini, Efesto divenne Vulcano, insomma, tutte divinità legate al mondo sotterraneo, quindi al fuoco e al mondo di sotto, cioè l’Abzu, dominio principale di Enki/EA, le cui peculiarità erano ben definite. Essi erano abili forgiatori, costruttori, artigiani divini, tutte doti documentate dagli storici nella cospicua letteratura mitologica.

É opinione di chi scrive, che per ricercare la vera identità di Adrános, si debba prendere in considerazione le caratteristiche di questo presunto dio siculo e confrontarle con quelle delle varie divinità sumere. Gibil, dunque, per i particolari attributi divini, rientra nel panorama delle divinità arcaiche del pantheon mediorientale, che nel corso della storia delle prime civiltà, insediatesi sul suolo siciliano, ha assunto nomi ed epiteti in funzione del corredo culturale e sociologico, sviluppatosi nell’area orientale del Mediterraneo. Di conseguenza Gibil, viene descritto come uno dei figli del dio Enki, per le comunità etnee divenne il dio Adrános. In seguito, con la colonizzazione da parte degli Ateniesi, Adranòs divenne Efesto. Con l’arrivo dei Romani, Adranòs fu identificato con il dio Vulcano. Sono tutte figure soprannaturali legate al fuoco, perché a loro furono ascritte delle abilità artigianali di natura divina, come abbiamo già detto, nel costruire e forgiare oggetti divini.

Le cronache semitiche non chiariscono del tutto la figura divina del dio Gibil, infatti viene menzionato soltanto in alcuni racconti che lo vedono protagonista in alcune vicende. In un racconto semitico, ad esempio, si narra che al dio Gibil fu affidato il compito di addestrare Horon, per prepararlo a vendicare il padre Asar, ucciso dal fratello Satu. Nel testo emerge oltre alle citate peculiarità divine anche, un’abilità intellettiva nel destreggiarsi con una certa maestria bellica nei campi di battaglia, tutte caratteristiche che ritroviamo nei suoi alter-ego del periodo siculo e greco.

Questo dimostra, come abbiamo visto, che le antiche popolazioni ordinavano le loro vite seguendo delle precise regole religiose e, per rendere più semplice e diretto il loro rapporto con gli dèi, attribuendo epiteti e nomi diversi, pur trattandosi della medesima divinità.

Copyright agosto 2017 Angelo Virgillito



[1] Enûma Eliš (in italiano Quando in alto) è un poema mesopotamico che tratta il mito della creazione e le imprese del dio Marduk. Era recitato durante l'akītu, la festa del capodanno di Babilonia. L'opera risale al XIII o al XII secolo AC, al tempo della prima dinastia di Babilonia; se ne conoscono alcune versioni assire del VII secolo AC trovate ad Assur e a Ninive. Le origini dell'opera sono probabilmente sumere: nella versione originale il dio creatore era probabilmente An o Enlil. Apsú e Tiāmat, personificazioni divine delle acque dolci e delle acque salate, si mescolarono dando origine a nuovi dei che, a loro volta, ne generarono altri. Questi giovani disturbavano il sonno di Apsû che decise di ucciderli, contro il parere di Tiāmat, ma fu invece ucciso da uno di loro, Ea/Enki. Tiāmat, irata per il destino del suo sposo, mosse guerra agli altri dei alleandosi con il mostro Kingu e con altre divinità; soltanto Marduk, figlio di Ea/Enki, osò affrontarla, chiedendo in cambio di diventare re di tutti gli dei, e la uccise con una freccia. Poi ne tagliò in due il corpo: una parte diede origine al cielo e l'altra alla terra. 

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